mercoledì 7 settembre 2016

Api

L’ape regina si svegliò dal brutto sogno, col respiro ansimante, le ali tremolanti e il cuore in gola. Aprì  gli occhi con cautela, e quando  vide che l’alveare era lì, pulito e ordinato come sempre, si tranquillizzò un po’.
Il sogno era finito. Si tornava alla vita di tutti i giorni. Ma mentre si sollevava per stirarsi le ali rivedeva le immagini inquietanti di insetti che volavano via dall’alveare, in un gran bisbigliare e parlottare. Frasi sconnesse arrivavano a lei: non è più di moda il miele, non piace più, l’ho sentito dire da un sacco di insetti... ilmio mele è amaro, possibile?...  non serve il mio lavoro, non serve a nulla il miele: basta una barbabietola al posto di un’ape... non trovo fiori, cambiano le stagioni... le mie ali sono deboli, non mi reggono più... non ricordo, dio mio, non ricordo come si fa il miele... sono sola, sempre lavorare, sola... non è più  buono come una volta... perchè a nessuno interessa più del volo, del cielo, del sole, dei fiori... api inutili... so come fare, ma le ali non vanno, prendo lo slancio e cadogiù... il mondo può fare a meno di me... non voglio essere solo utile, voglio essere bella, la bellezza del volo, si sa, nessuno l’apprezza più... sono malata, mi fa male la schiena e non riesco a volare... le margherite mi fanno starnutire, sarò allergica...
Nel sogno le api tristi e malate se ne andavano, abbandonando il loro dolce mondo. E la regina nel sogno non capiva cosa causasse l’abbandono. Certo, aveva avuto molti problemi con loro: il miele era poco, troppo poco, e non aveva il profumo di una volta! Le sue operaie dovevano fare solo quello, il miele! Chissà perchè, non ci riuscivano più, nonostante  minacce, pressioni e derisioni. Perchè, perchè, non si sa. Sciocche, fannullone, basta  che una si lamenti e tutte dietro...
Mentre era assorta in questi pensieri, cominciò a sentire dei rumori. Ecco, tornano!..
Arrivarono invece le formiche, in cerca di una casa.  Grande e ospitale! Tutta per loro. Gli sgraziati animaletti.accomunati alle api solo dal senso di comunità, occuparono in un battibaleno le stanze e i corridoi e  le cellette. Portavano con sè grano, erba ammuffita,  terriccio e sterco, che andavano stipando nelle cellette.
Che fate? Cos’è quella robaccia? Lì ci mettiamo il miele! E  quelle stanzette sono per le api, torneranno!
Scrollando  le spalle la regina delle formiche rispose: a noi serve metter via grano e erba per  l’inverno... Del miele non sappiamo che farcene. E il mondo in generale non sa che farsene: c’è lo zucchero... E non serve spazio per le api, non torneranno. Le ho viste non distanti da qui, nel  roseto, che giocavano e danzavano e ridevano in compagnia di libellule, farfalle, lucciole, grilli: una gran festa fatta di luci, musica, canti, colori... quanta bellezza... Sembrava che ridessero le tue api: ma ridono le api? Come vorremmo essere anche noi aggraziate, e volare, e danzare nell’aria insieme a tante creature belle... L’idea delle sue operaie che cantavano e ballavano diede il colpo di grazia all’ape regina.
Vedeva ora tutto nero intorno... era forse la tremenda arrabbiatura, o tutte quelle formiche che riempivano e annerivano ogni piccolo spazio nell’alveare.

Al risveglio...  un bel sospiro di sollievo. Chiamò le api, le chiamò ripetutamente, ma tardavano ad arrivare.  Dove siete... su, venite, non sono più arrabbiata con voi, anche se il miele è poco, e voi, come api continuate a non valere molto... Attendeva sola, in silenzio, ma uno strano solletico turbò tanta serenità. Un pizzicorio....sì, un formicolio... su per la schiena...