L’ape regina si svegliò dal brutto sogno, col respiro
ansimante, le ali tremolanti e il cuore in gola. Aprì gli occhi con cautela, e quando vide che l’alveare era lì, pulito e ordinato
come sempre, si tranquillizzò un po’.
Il sogno era finito. Si tornava alla vita di tutti i giorni.
Ma mentre si sollevava per stirarsi le ali rivedeva le immagini inquietanti di insetti
che volavano via dall’alveare, in un gran bisbigliare e parlottare. Frasi
sconnesse arrivavano a lei: non è più di moda il miele, non piace più, l’ho
sentito dire da un sacco di insetti... ilmio mele è amaro, possibile?... non serve il mio lavoro, non serve a nulla il
miele: basta una barbabietola al posto di un’ape... non trovo fiori, cambiano
le stagioni... le mie ali sono deboli, non mi reggono più... non ricordo, dio
mio, non ricordo come si fa il miele... sono sola, sempre lavorare, sola... non
è più buono come una volta... perchè a
nessuno interessa più del volo, del cielo, del sole, dei fiori... api
inutili... so come fare, ma le ali non vanno, prendo lo slancio e cadogiù... il
mondo può fare a meno di me... non voglio essere solo utile, voglio essere
bella, la bellezza del volo, si sa, nessuno l’apprezza più... sono malata, mi
fa male la schiena e non riesco a volare... le margherite mi fanno starnutire,
sarò allergica...
Nel sogno le api tristi e malate se ne andavano,
abbandonando il loro dolce mondo. E la regina nel sogno non capiva cosa
causasse l’abbandono. Certo, aveva avuto molti problemi con loro: il miele era
poco, troppo poco, e non aveva il profumo di una volta! Le sue operaie dovevano
fare solo quello, il miele! Chissà perchè, non ci riuscivano più,
nonostante minacce, pressioni e derisioni.
Perchè, perchè, non si sa. Sciocche, fannullone, basta che una si lamenti e tutte dietro...
Mentre era assorta in questi pensieri, cominciò a sentire
dei rumori. Ecco, tornano!..
Arrivarono invece le formiche, in cerca di una casa. Grande e ospitale! Tutta per loro. Gli
sgraziati animaletti.accomunati alle api solo dal senso di comunità, occuparono
in un battibaleno le stanze e i corridoi e
le cellette. Portavano con sè grano, erba ammuffita, terriccio e sterco, che andavano stipando
nelle cellette.
Che fate? Cos’è quella robaccia? Lì ci mettiamo il miele! E quelle stanzette sono per le api, torneranno!
Scrollando le spalle
la regina delle formiche rispose: a noi serve metter via grano e erba per l’inverno... Del miele non sappiamo che
farcene. E il mondo in generale non sa che farsene: c’è lo zucchero... E non
serve spazio per le api, non torneranno. Le ho viste non distanti da qui,
nel roseto, che giocavano e danzavano e
ridevano in compagnia di libellule, farfalle, lucciole, grilli: una gran festa
fatta di luci, musica, canti, colori... quanta bellezza... Sembrava che ridessero
le tue api: ma ridono le api? Come vorremmo essere anche noi aggraziate, e
volare, e danzare nell’aria insieme a tante creature belle... L’idea delle sue
operaie che cantavano e ballavano diede il colpo di grazia all’ape regina.
Vedeva ora tutto nero intorno... era forse la tremenda
arrabbiatura, o tutte quelle formiche che riempivano e annerivano ogni piccolo
spazio nell’alveare.
Al risveglio... un bel
sospiro di sollievo. Chiamò le api, le chiamò ripetutamente, ma tardavano ad
arrivare. Dove siete... su, venite, non
sono più arrabbiata con voi, anche se il miele è poco, e voi, come api
continuate a non valere molto... Attendeva sola, in silenzio, ma uno strano
solletico turbò tanta serenità. Un pizzicorio....sì, un formicolio... su per la
schiena...