Affondo piano un piede, il destro per la precisione, in una
nuvola di polvere magica. Mi viene da tossire, ma è suggestione. Ho l’allergia,
ma non fa differenza se si è blindati in questo scafandro.
Sono felice. Non ho altre parole. E’ il giorno che sogno da
anni, da decenni! Ho studiato e faticato negli
allenamenti senza tregua, rinunciando a tutto: ai divertimenti, alle
amicizie, agli amori, alla famiglia, a carriere facili e remunerative. Non mi
importa niente: sono qui, luna, e il primo passo è il mio. Le lacrime, non ci volevano, appannano il
vetro dello scafandro.
Com’è morbida la luna: polvere, cipria, nuvola... Pensavo in
verità ad una crosta dura, piena di solchi, come il fango essiccato dopo
un’estate senza pioggie nella mia infanzia in campagna. Invece questa infinita
morbidezza è proprio quel che volevo. È dolcezza, è accoglienza. Vorrei anzi
coricarmi in questa polvere tanto desiderata, e vorrei rotolarci dentro, alla
faccia dell’allergia.
Ma sono uno scienziato, un ingegnere spaziale, tutto questo
romanticismo è fuori posto.
Ritorno in me, ora che tanta felicità ha dato un senso a
tutta la mia vita.
Mi guardo intorno: una pianura piatta e uniforme, resa
irregolare solo da buchi tondi: luna luna, sei una ridicola gruviera? Questo mi
fa un po’ ridere.
Allontano lo sguardo: ecco i monti, spogli e grigi come la
pianura. Ma ci sono ombre che si spostano: c’è qualcuno là? Ehi, ci siete,
rispondete! Sbucate fuori! Possiamo
essere amici! Vengo dalla terra e sono felice di essere qui. Vengo in amicizia.
Voglio sapere di voi e voglio raccontarvi di me, che da una vita studio e
lavoro per essere qui in questo istante.
Le ombre si spostano ma nessun essere vivente esce dalle rocce grigie.
Certo, è comprensibile la diffidenza.
Il cielo è azzurro tenue chiarissimo. Il mio sguardo,
affaticato dalla tanta emozione e dalla mancanza di risposte, si perde nel blu.
La felicità dura pochi
secondi. L’evento - il primo passo sulla luna – in un attimo è compiuto. Si
torna sulla terra. Chissà se sulla terra
si saprà di me! Ma non importa...
Ora sono di nuovo sull’astronave, torno alla guida. La felicità è già meno intensa, ci si abitua.
Controllo l’ora: 3 marzo 1969, ore 10.21. Metto in macchina le coordinate per il
ritorno, poi mangerò qualcosa e prenderò una pastiglia. Ma guarda te se dovevano
venirmi le mestruazioni proprio oggi...
Nessun commento:
Posta un commento