Ho scelto questo tema perché la mia scuola mi piace molto: il mio italiano è molto migliorato; imparo la grammatica, le parole utili, le informazioni sui servizi utili e sulle attività quotidiane. Certo, la maestra è strana, ma forse le maestre in Italia sono tutte così.
La mia scuola è una piccola stanza in un’associazione che
aiuta i rifugiati. Ci stavamo in 10. Però, dopo la chiusura delle iscrizioni
del CPIA sono arrivati altri studenti. Si sta ben scomodi, ma lei dice: no, non
possiamo più accettare… beh, siediti. Arrivati a 16, la maestra si è decisa: ci
vuole una nuova sede: avrei un’idea…
Il giorno dopo ci siamo trovati in piazza, davanti al
palazzo rosa. Ci siamo arrivati dopo molti messaggi e spiegazioni. Bene,
arrivati qui la maestra ci ha guidati nella nuova sede: splendida! Siamo saliti
al primo piano per una scalinata principesca, abbiamo percorso corridoi deserti,
sala d’aspetto… ed eccoci nella nuova aula. Troppo lusso per un’aula, in
verità, che spreco, da me non si usa:
tre file di poltroncine di velluto rosso! Non c’era però la lavagna.
Abbiamo comunque fatto lezione: il passato prossimo, difficilissimo. A metà
lezione si è affacciato alla nostra aula un signore (il segretario, dice la
maestra) che ha osservato con aria stupita. Forse anche lui trovava ostico il
passato prossimo. E’ andato via, e poi si sono affacciati altri signori e
signore (il passato prossimo non lo digerisce nessuno). Poi è arrivato lui, un
signore grassoccio, con pochi capelli, dall’aria gentile. E si è fatto avanti.
La maestra ovviamente lo ha invitato a non interrompere (si irrita terribilmente
quando la interrompono). E lui ha atteso diligentemente la fine dei participi
passati irregolari. Quindi ha chiesto come mai ci trovassimo lì, e lei ha
risposto, com’è ovvio, che era la nostra aula.
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Confortevole, ci saremmo accontentati di qualcosa
meno. Però, la lavagna… E manca la luce naturale… ma ci adattiamo, siamo di
poche pretese.
Il signore – abbiamo poi saputo che si chiamava sindaco,
massima autorità di Matera – sudava ed era visibilmente in imbarazzo.
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Non so come ha fatto a arrivare sin qui ma la
prego… questa sera c’è il consiglio comunale, abbiamo bisogno della sala.
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Possiamo lasciarle la sala per stasera, nessun
problema. Il comune è di tutti, anche vostro. Basta che lasciate in ordine.
Il sindaco sembrava assai
irritato, aveva il respiro affannoso. Pensavamo ce l’avesse con noi studenti –
studenti e stranieri - e ci volesse mandar via dalla nostra scuola, invece ce
l’aveva con lei…
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Non ne possiamo più delle sue idee balzane, la
prego…
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Abbiamo diritto di stare qui, oltretutto per
nobili fini: l’istruzione, l’integrazione, l’avvio al lavoro, e posso trovarne
altri se mi dà tempo… Non dite sempre che ci tenete anche voi, inquilini di questo posto? Poi io vi ho anche
votato (o votati… uff, il passato prossimo).
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Preferirei che non ci votasse più, ma ci lasciasse stare…
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Ah, non ci sono più i comunisti di una volta…
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Le ho già detto mille volte che non sono
comunista, peraltro i comunisti non ci sono più…
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Non ci sono più? Peccato. Comunque domani
arriviamo qui alle 17. Ma non per sempre: se magari ci piace andare in un altro
posto, in futuro possiamo cambiare. Quante aule possiamo trovare in città…
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Una buona notizia.
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Ma lei sul passato prossimo com’è messo?
Il sindaco non ha risposto, stava
già uscendo.