mercoledì 26 giugno 2024

TEMA - LA MIA SCUOLA

 

Ho scelto questo tema perché la mia scuola mi piace molto: il mio italiano è molto migliorato;  imparo la grammatica, le parole utili, le informazioni sui servizi utili e sulle attività quotidiane. Certo, la maestra è strana, ma forse le maestre in Italia sono tutte così.

 

La mia scuola è una piccola stanza in un’associazione che aiuta i rifugiati. Ci stavamo in 10. Però, dopo la chiusura delle iscrizioni del CPIA sono arrivati altri studenti. Si sta ben scomodi, ma lei dice: no, non possiamo più accettare… beh, siediti. Arrivati a 16, la maestra si è decisa: ci vuole una nuova sede: avrei un’idea…

Il giorno dopo ci siamo trovati in piazza, davanti al palazzo rosa. Ci siamo arrivati dopo molti messaggi e spiegazioni. Bene, arrivati qui la maestra ci ha guidati nella nuova sede: splendida! Siamo saliti al primo piano per una scalinata principesca, abbiamo percorso corridoi deserti, sala d’aspetto… ed eccoci nella nuova aula. Troppo lusso per un’aula, in verità, che spreco, da me non si usa:  tre file di poltroncine di velluto rosso! Non c’era però la lavagna. Abbiamo comunque fatto lezione: il passato prossimo, difficilissimo. A metà lezione si è affacciato alla nostra aula un signore (il segretario, dice la maestra) che ha osservato con aria stupita. Forse anche lui trovava ostico il passato prossimo. E’ andato via, e poi si sono affacciati altri signori e signore (il passato prossimo non lo digerisce nessuno). Poi è arrivato lui, un signore grassoccio, con pochi capelli, dall’aria gentile. E si è fatto avanti. La maestra ovviamente lo ha invitato a non interrompere (si irrita terribilmente quando la interrompono). E lui ha atteso diligentemente la fine dei participi passati irregolari. Quindi ha chiesto come mai ci trovassimo lì, e lei ha risposto, com’è ovvio, che era la nostra aula.

-        Confortevole, ci saremmo accontentati di qualcosa meno. Però, la lavagna… E manca la luce naturale… ma ci adattiamo, siamo di poche pretese.

Il signore – abbiamo poi saputo che si chiamava sindaco, massima autorità di Matera – sudava ed era visibilmente in imbarazzo.

-        Non so come ha fatto a arrivare sin qui ma la prego… questa sera c’è il consiglio comunale, abbiamo bisogno della sala.

-        Possiamo lasciarle la sala per stasera, nessun problema. Il comune è di tutti, anche vostro. Basta che lasciate in ordine.

Il sindaco sembrava assai irritato, aveva il respiro affannoso. Pensavamo ce l’avesse con noi studenti – studenti e stranieri - e ci volesse mandar via dalla nostra scuola, invece ce l’aveva con lei…

-        Non ne possiamo più delle sue idee balzane, la prego…

-        Abbiamo diritto di stare qui, oltretutto per nobili fini: l’istruzione, l’integrazione, l’avvio al lavoro, e posso trovarne altri se mi dà tempo… Non dite sempre che ci tenete anche voi,  inquilini di questo posto? Poi io vi ho anche votato (o votati… uff, il passato prossimo).

-        Preferirei che non ci  votasse più, ma ci lasciasse stare…

-        Ah, non ci sono più i comunisti di una volta…

-        Le ho già detto mille volte che non sono comunista, peraltro i comunisti non ci sono più…

-        Non ci sono più? Peccato. Comunque domani arriviamo qui alle 17. Ma non per sempre: se magari ci piace andare in un altro posto, in futuro possiamo cambiare. Quante aule possiamo trovare in città…

-        Una buona notizia.

-        Ma lei sul passato prossimo com’è messo?

Il sindaco non ha risposto, stava già uscendo.

 

Consegno il tema alla commissione. Penso che di aver scritto correttamente. Comunico però all’esaminatore che ho avuto un aiutino dall’intelligenza artificiale. La maestra non ha tempo di correggere, insegue sempre nuove idee strambe. 

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