domenica 17 febbraio 2013

L'apertura della caccia



- Una volpe!
Possibile, una volpe! Non ci sono volpi ad alessandria! Mai viste! Anzi, veramente no, una volta un tipo ha detto di averne vista una vicino a panorama, ma abbiamo pensato tutti fosse un cane randagio, o che il tipo avesse bevuto…
Ma questa è una volpe, ne sono ben certo, una piccola volpe dal manto fulvo, leggera e veloce. Certo, una volpe. E io non sono più  io se me la faccio scappare. Risalgo adagio l’argine senza far rumore, facendo attenzione a non inciampare col fucile nei rovi e nelle sterpaglie. Bracco mi segue anche lui silenzioso e attento, pronto a lanciarsi… ha capito che c’è di mezzo un affare importante. Ecco, superato l’argine cerco con gli occhi la volpe, cerco nella direzione in cui era diretta. Eccola, eccola là, in mezzo alla campagna, con il grano che sta nascendo sembra un enorme prato. Prendo la mira, è un po’ distante ma ce la farò. Ma che fa, si ferma? Sembra frugare col muso nella terra. Un leprotto! A te ci penso dopo, voglio la volpe! Ecco che riprende la sua corsa, ma diavolo, cambia sempre direzione, che cos’ha mai! Ecco,  ci sei! Ma dove sei finita maledetta?
Sposta il fucile, riprende la mira… non c’è più, sparita nel nulla. Resta nel prato, la lepre, con tre o quattro cosini che la rincorrono veloci.
Il cacciatore rimane lì, immobile, sconsolato, e sembra il protagonista di un film, alto e atletico, coi suoi pantaloni mimetici e l’eschimo, gli occhiali scuri e il cappellino con la visiera, e il fucile abbassato lungo una gamba.
- Maledizione! Non c’è più! Sono un fesso a farmela scappare sotto gli occhi! O forse non c’era neanche prima… una volpe qui che ci fa… eppure sono certo di averla vista.  - Bracco lo guarda sconsolato, anche lui non è riuscito a fare la sua parte, e ci teneva tanto…
Ora arrivano lungo la stradina dei runner, un ragazzo e una ragazza, avvolti in tute nere aderenti, con sciarpe e berretti colorati. Chiacchierano, ansimano per la fatica, e ridono. Il cacciatore vede che si zittiscono,  la ragazza alza il braccio e indica qualcosa distante. Rallentano, e guardano tutti e due, con espressione sorpresa e si direbbe…. felice. Il cacciatore alza gli occhi, con aria di scazzo, aspettandosi un comune fagiano come ce ne sono tanti lì… e vede… E vede la volpe. A un metro di altezza… tesa in un  lungo salto, non per superare qualcosa, per per correre nell’aria… E dopo il balzo infatti riprende a correre, cioè, a volare.
Il cacciatore non crede ai suoi occhi. Non ha bevuto, non ha vizi, solo il fucile. La volpe vola. Si sente un po’ stordito, e un po’ ridicolo, ma nel dubbio… prende la mira.
- Maledetta, cambia sempre traiettoria, come se mi conoscesse e sapesse come prendersi gioco di me. Ora scende dietro l’albero, ora riprende quota procedendo a zig zag, e finge di andare verso il sole, poi di colpo svolta a destra e si nasconde dietro la nuvola! E io che faccio? Sparo alla nuvola? E non faccio in tempo a pensarci chelei esce dall’altra parte e se ne ridiscende verso il fiume… sono sicura che se la ride di me, mi sembra di sentirla…
Mi riposo, abbasso di nuovo il fucile, aspetto che torni. E quelli che sono? La lepre, anche lei è volata in cielo? E dietro di lei i suoi piccoli! Sembra una cometa, una cometa di conigli! E dietro di loro quelle rondini, che squittiscono, o meglio ridono…  rondini con berretti colorati.
Il cacciatore cede. Lascia cadere il fucile a terra, si toglie gli occhiali. Bracco non guaisce più, sta rosicchiando una nuvola un po’ più in alto un po’ più in là.
IL cacciatore  non è contrariato per il fallimento, per la preda mancata. Si sente triste. Sembra strano dire di un cacciatore che è triste. Eppure si sente disorientato. Si guarda intorno e non c’è nessuno: non una lepre, non un fagiano, non un maratoneta…. Non una volpe. Non c’è più nessuno. Solo lui , con la sua tuta mimetica,  con  i suoi occhiali scuri , con il suo cappellino. E con il suo fucile. 

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