- Una volpe!
Possibile, una volpe! Non ci sono volpi ad alessandria! Mai
viste! Anzi, veramente no, una volta un tipo ha detto di averne vista una
vicino a panorama, ma abbiamo pensato tutti fosse un cane randagio, o che il
tipo avesse bevuto…
Ma questa è una volpe, ne sono ben certo, una piccola volpe
dal manto fulvo, leggera e veloce. Certo, una volpe. E io non sono più io se me la faccio scappare. Risalgo adagio
l’argine senza far rumore, facendo attenzione a non inciampare col fucile nei
rovi e nelle sterpaglie. Bracco mi segue anche lui silenzioso e attento, pronto
a lanciarsi… ha capito che c’è di mezzo un affare importante. Ecco, superato
l’argine cerco con gli occhi la volpe, cerco nella direzione in cui era
diretta. Eccola, eccola là, in mezzo alla campagna, con il grano che sta nascendo
sembra un enorme prato. Prendo la mira, è un po’ distante ma ce la farò. Ma che
fa, si ferma? Sembra frugare col muso nella terra. Un leprotto! A te ci penso
dopo, voglio la volpe! Ecco che riprende la sua corsa, ma diavolo, cambia
sempre direzione, che cos’ha mai! Ecco,
ci sei! Ma dove sei finita maledetta?
Sposta il fucile, riprende la
mira… non c’è più, sparita nel nulla. Resta nel prato, la lepre, con tre o
quattro cosini che la rincorrono veloci.
Il cacciatore rimane lì, immobile, sconsolato, e sembra il
protagonista di un film, alto e atletico, coi suoi pantaloni mimetici e
l’eschimo, gli occhiali scuri e il cappellino con la visiera, e il fucile
abbassato lungo una gamba.
- Maledizione! Non c’è più! Sono un fesso a farmela scappare
sotto gli occhi! O forse non c’era neanche prima… una volpe qui che ci fa…
eppure sono certo di averla vista. - Bracco
lo guarda sconsolato, anche lui non è riuscito a fare la sua parte, e ci teneva
tanto…
Ora arrivano lungo la stradina dei
runner, un ragazzo e una ragazza, avvolti in tute nere aderenti, con sciarpe e
berretti colorati. Chiacchierano, ansimano per la fatica, e ridono. Il
cacciatore vede che si zittiscono, la
ragazza alza il braccio e indica qualcosa distante. Rallentano, e guardano
tutti e due, con espressione sorpresa e si direbbe…. felice. Il cacciatore alza
gli occhi, con aria di scazzo, aspettandosi un comune fagiano come ce ne sono
tanti lì… e vede… E vede la volpe. A un metro di altezza… tesa in un lungo salto, non per superare qualcosa, per
per correre nell’aria… E dopo il balzo infatti riprende a correre, cioè, a
volare.
Il cacciatore non crede ai suoi occhi. Non ha bevuto, non ha
vizi, solo il fucile. La volpe vola. Si sente un po’ stordito, e un po’
ridicolo, ma nel dubbio… prende la mira.
- Maledetta, cambia sempre
traiettoria, come se mi conoscesse e sapesse come prendersi gioco di me. Ora
scende dietro l’albero, ora riprende quota procedendo a zig zag, e finge di
andare verso il sole, poi di colpo svolta a destra e si nasconde dietro la
nuvola! E io che faccio? Sparo alla nuvola? E non faccio in tempo a pensarci
chelei esce dall’altra parte e se ne ridiscende verso il fiume… sono sicura che
se la ride di me, mi sembra di sentirla…
Mi riposo, abbasso di nuovo il fucile, aspetto che torni. E
quelli che sono? La lepre, anche lei è volata in cielo? E dietro di lei i suoi
piccoli! Sembra una cometa, una cometa di conigli! E dietro di loro quelle
rondini, che squittiscono, o meglio ridono…
rondini con berretti colorati.
Il cacciatore cede. Lascia cadere il fucile a terra, si
toglie gli occhiali. Bracco non guaisce più, sta rosicchiando una nuvola un po’
più in alto un po’ più in là.
IL cacciatore non è
contrariato per il fallimento, per la preda mancata. Si sente triste. Sembra
strano dire di un cacciatore che è triste. Eppure si sente disorientato. Si
guarda intorno e non c’è nessuno: non una lepre, non un fagiano, non un
maratoneta…. Non una volpe. Non c’è più nessuno. Solo lui , con la sua tuta
mimetica, con i suoi occhiali scuri , con il suo cappellino.
E con il suo fucile.
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