Alice
non aveva mai saputo cosa fosse la paura. Era una fanciulla molto coraggiosa:
spesso andava a trovare clienti che vivevano lontano dal villaggio e si
dilungava in chiacchiere fino a sera; tornava col buio, percorrendo sentieri
impervi e solitari, attraversando boschi popolati da animali di ogni genere.
Mentre camminava sulla via del ritorno aveva la mente presa da botteghe da
avviare e giovani squattrinati da far sposare, e da castelli cadenti da
rimettere insieme. Non aveva paura, non aveva tempo per la paura...
Finchè una sera la paura arrivò. Scendeva dalla collina
ripassando mentalmente gli impegni del giorno dopo, quando vide una sagoma nera dietro un cespuglio e sentì un sibilo,
come un soffio di vento. Proseguì spavalda, dicendo tra sé che non era nulla,
tornando al pensiero del castello da ristrutturare: bisognava controllare i
preventivi e chiamare il perito... Ma il cuore batteva più forte.
Era l’imbrunire, non poteva trattarsi di un’ombra... non
poteva essere un orso o un lupo, la macchia nera era enorme. Avanzò cauta, e
l’ombra scomparve.
Alice pensò che forse si sbagliava – eppure non si sbagliava
quasi mai – e tornò al pensiero dei risparmi dell’oste da amministrare, e del libretto per il bimbo
del verduriere. Forse pensava troppo, e la mente stanca credeva di vedere...
inventava...
Ritrovò l’ombra nera altre volte e nei luoghi più diversi e
inaspettati. Si disse: io non ho paura. E lo ripetè più volte. E così si
accorse di aver paura.
La sensazione era per lei cosa nuova. Intanto non sapeva di
chi o cosa aveva paura. Che poteva succederle? Il mostro poteva imprigionarla,
come Barbablu, e poi ucciderla. Poteva portarla nella sua dimora come serva.
Poteva mangiarla. Ma com’era fatto? In verità non l’aveva neppur visto. Poteva
trattarsi di un orco enorme dalla pelle verdastra e squamosa, di una strega cenciosa,
con naso adunco e denti gialli, o di un drago che sputa fiamme... Il mostro non
le aveva - ancora - fatto nulla, salvo
attenderla appostato dietro case o alberi. Ma era proprio l’attesa di quel che l’aspettava
a toglierle il passo saltellante, il sorriso, la chiacchiera allegra e
impertinente, la vivace curiosità. Se ne stava al suo tavolo di lavoro, appoggiata a un libro contabile, con espressione
buia e annoiata. I clienti si affacciavano al negozio, e vedendola così triste
se ne andavano, ritenendo opportuno lasciarla sola, rimandando lamentele su pos
malfunzionanti, estratti conto in ritardo e sinistri da denunciare - tutto ciò
poteva attendere -. Erano comunque
preoccupati, non era mai successo di vedere Alice malinconica. Alice era sempre
Alice, col bel e brutto tempo, con la crisi dei mercati e con i provvedimenti
avversi del sovrani. Cosa poteva provocare un simile cedimento? Era
malata? E se fosse semplicemente
innamorata? Un amore non ricambiato?
Un mattino la lattaia, prima cliente del mattino, trovò la
porta chiusa, e neppure un cartello!
Malata, possibile? Non era mai successo. Tutti in paese
erano preoccupati. Il fornaio prese a portarle panini con forme buffe per farla
ridere ogni mattina, il fiorista una rosa, il bottegaio i frutti più dolci...
Dopo sette lunghi giorni si alzò, prese la sua valigetta e, come niente fosse, si avviò al lavoro, sotto lo sguardo stupito
dei bottegai del paese.
Mentre si dirigeva alla fattoria – il fattore voleva
comprare un cavallo per i lavori nei campi, e gli serviva un prestito – passò
davanti alla caverna. E non resistette alla tentazione di gettare uno
sguardo...
L’ombra era lì ad aspettarla.
-
Chi sei? Io sono Alice
-
Aliceeee...
-
Ti prendi gioco di me. Io sono Alice. Vuoi dire che tu
sei una parte di me?
-
Tu sei una parte di meeee.
-
Ma io non ho paura di nulla.
L’ombra fece sventorare braccia nodose e rinsecchite,che
terminavano in dita artigliate
Alice cacciò un urlo.
-
Allora, non hai paura?
Dall’ombra emergeva ora un viso rugoso e scavato, con occhi
tristissimi e capelli ispidi. Lo squadrò meglio: il corpo era magro e contorto,
senza abiti.
Arretrò qualche passo, poi diede fondo alle proprie risorse.
-
Ma tu scusa, dove vivi, in questa caverna? Non ti
offendere, è messa assai male.
-
Trovi? Nessuno me l’ha mai detto.
-
Certo. E’ umida e sporca, devi farci qualche lavoro. E poi
magari renderla un po’ carina con dei mobili. Va’ dal falegname, giù in paese...
Potrei farti un piccolo prestito. Tu lavori?
-
Io?
-
Beh, qualcosa devi pur fare nella vita, ma cosa? Ora
che ci penso... e’ arrivato il circo: potresti fare uno spettacolo di paura. Ti
ci vedo bene. Ti pagherebbero.
-
La gente avrebbe paura di me?
-
Certo. Tremerebbe e riderebbe.
-
Poi dovresti cominciare a prenderti cura della tua
salute, scusa se mi permetto. Hai un colorito! Hai la mutua? No? Allora ti
faccio una bella assicurazione malattia, poi magari anche quella sugli
infortuni, ci vuole se vai a lavorare al circo, e poi la rc personale,
capitasse di far male a qualcuno. Un mostro non può non avere una rc! Spero
quadagnerai bene al circo. Ma la paura serve anche in altri ambienti dove ci
sono tante persone, il lavoro non ti mancherà. La paura serve.
-
Oh! La paura serve?
-
Vedrai che non avrai problemi a pagare i premi delle
assicurazioni e le rate del prestito.
Scusa, scostati un attimo. Questa
caverna è proprio un disastro: infiltrazioni di acqua e massi che si
staccano... ci vuole assolutamente l’assicurazione sulla caverna.
Cosa dici? La carta di credito.
Non se ne parla. Sinora non ti sei comportato così bene, sempre in giro a
spaventare la gente. Al limite un bancomat. Hai l’adsl nella caverna? Ok, ti
preparo i codici per lavorare su internet. Così eviti di venire in negozio, mi
spaventeresti tutti i clienti.
Poi penseremo a mettere da parte
qualcosa, risparmi sì, perchè mica puoi far paura al mondo per tanto tempo, e se poi il circo ti caccia come paghi i miei prestiti e le mie polizze?
Mi chiedi perchè la paura finirà? La gente si abitua alla paura e anche ai
mostri, poi i mostri sono roba da tempi di crisi, con la ripresa non vanno più.
Dimenticavo: fondo pensione? Come immaginavo, non sai neppure cos’è. Che
disastro! Quanto lavoro!
Si allontanò borbottando... Prestito, assicurazione sulla
casa, poi asscicurazioni salute famiglia infortuni. Un piccolo piano di
risparmio. Fondo pensione, certamente. Assicurazione auto, no, l’auto non ce l’ha, peccato... Bisognava dire
una parola buona al padrone del circo, chissà se l’avrebbe preso... doveva
prenderlo, altrimenti tutte queste polizze e prestiti e piani di risparmio chi
li pagava? Non aveva forse calcato troppo la mano con le vendite?
-
Un mutuo! Certo, ora che hai un lavoro ti ci
vuole una casa, una famiglia e una vita
regolare... Cos’è questo sibilo... una casa, una famiglia, ti tocca...
Se ne andò camminando ben ritta, con andatura decisa,
lasciando dietro di sè l’ombra scura. Se ne tornava a casa soddisfatta per ever
fatto anche oggi un buon lavoro.
Ora che la luna illuminava la radura si vedeva chiaramente
alle sue spalle un albero rinsecchito e
contorto, scosso dal vento, i cui rami sembravano davvero braccia levate al cielo.
E il mostro, e l’ombra? Quale mostro, quale ombra? Non c’erano,
non c’erano mai stati. O forse erano nella mente di Alice. Il buio, il vento e
l’eco nella caverna avevano fatto il resto.
Ma per fortuna, trovando tutte le soluzioni ai problemi
della vita del mostro - il mostro che non c’era - la paura era svanita.
Unico essere vivente ad essistere alla scena fu uno
scoiattolo, allibito alla vista
della fanciulla che parlava da sola: prima timida e tremante, poi
amorevole e dedita a buoni consigli, infine ardita e financo un po’ prepotente, come chi
sa cosa è bene per gli altri e decide per il loro avvenire.
Corse veloce nella sua tana, prima che Alice si fosse
guardata alla spalle nuovamente, per importunarlo con un’assicurazione o con un
mutuo. Non sapeva cos’erano, ma non ne sentiva affatto la mancanza, e dalle
follie degli uomini preferiva stare alla larga.
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