venerdì 31 luglio 2020

La carezza -

Il Moscardo è il mio locale preferito in città. Ci si può andare a cena - prendere anche solo un piatto -, a bere o a mangiare qualcosa sul tardi. Mi piace perché puoi mangiare o non mangiare, mangiare poco o tanto, bere o non bere. E puoi andarci con chi vuoi, solo o con amici o con un uomo. O con il cane. Il locale è caldo e colorato, con tanti oggetti alle pareti, e tavolacci con le panche, e tavoli più piccoli… E in estate si può stare fuori. E’ un posto di sinistra, tendenzialmente sì. Ma ci vanno un po’ tutti. E a volte c’è musica, buona musica. I proprietari, ogni volta che c’è un cliente nuovo, spiegano che il loro piatto tipico è il piatto del coniglio, e spiegano che non contiene carne di coniglio…è la storia del nome del locale, che ho sentito più volte ma non ricordo. Sono contenti di trovare qualcuno a cui raccontare la storia… sono un po’ lenti a servire, come se non fossero pratici del mestiere. Ma non importa. Quasi ogni sabato sera sono qui.

Arriva dinoccolata ed elegante, qualche amico le va incontro, l’accompagna al tavolo, dove altri stanno già mangiando. E’ alta. Magra. Non appariscente. Vestita in modo semplice, con un cardigan lungo, stivali col tacco e una gonna appena un po’ corta. Non alza lo sguardo, sa che la gente la nota, la osserva con attenzione. Perché è bella ma strana. Il viso troppo perfetto, botulino o chirurgia plastica. Le spalle larghe. Quando la gente capisce il segreto della sua bellazza torna a dedicarsi al cibo e al vino e alle chiacchiere. Lei, senza alzare gli occhi, senza guardare mai nessuno in viso, in solitudine mangia e pasticcia al cell, poi parla col vicino, dapprima un po’ imbarazzato, poi espansivo. Le parla all’orecchio, ride, il braccio dietro la schiena di lei. Direi che non è il suo uomo, vuole solo avere un atteggiamento amichevole.. Ascoltano la musica. Poi lui, non il tipo a fianco, ma quello che le sta di fronte, si alza per accompagnare a casa delle persone del gruppo, amici o colleghi; prima di uscire le dice giusto due parole, e le accarezza la nuca per una frazione di secondo. Lei si gira e sorride. Gesti di coraggiosa intimità senza esibizione, di intesa che non ha bisogno di parole. Un attimo. Forse me ne accorgo solo io che sono lì dietro.
- Non fissare, non sta bene. Stai sempre a fissare la gente…
- Stavo fissando?
- Sì… certo che si fa notare… - Scusa?
- Sì, il tipo, hai capito…
- Stavo pensando a noi.
- Strano, pensavi a noi?
 - Ricordi quella volta che ti ho detto, “Non mi hai mai dato una carezza”.
- Massì, un momento di crisi. Poi non è vero che io…
- Ecco: volevo una carezza come quella. Volevo quella carezza.

C’è musica stasera. Musica jazz. Sono venuta per questo. Suona lui. Ascolto e lo osservo. E’ serio, sempre serio, anche quando gli altri musicisti scherzano. Osservo i gesti, le espressioni, La fronte sempre corrugata. E’ l’espressione di un intellettuale, ok, ma non mi dà fastidio. Non è bello, ma a me piace. E’ magro, un po’ legnoso. Non è sensuale. Questo ok ha un senso oggi, ma era così già qualche anno fa, diversi anni fa, quando stavo già qui a osservarlo. E c’è un passaggio in cui si fa più serio, sempre lo stesso. Mi piace anche così legnoso, ok. Intendo, mi piaceva così anche qualche anno fa, quando il sesso importava. Lui non sa di me. Non mi ha mai vista. Non mi ha mai notata. Sono una che non si nota. Vengo a vederlo ogni tanto e basta. Non abbiamo amici in comune, non ci parleremo mai. Io lo vedo da diversi anni. Veramente la prima volta che l’ho visto era…più di trenta anni fa, veramente allora mi piacevano uomini diversi, ma avevo un certo trasporto…beh, gli ideali…, e lui suonava i pezzi degli inti illimani alla soms al mio paese. Già allora non era un granchè bello. Chissà perché me ne ricordo. No, non vorrei conoscerlo, perché mai. Inscopabile. Poi io ho soggezione dei tipi intellettuali… troppo colti…. La volpe e l’uva... che c’entra?

Una volta sono stata al moscardo con un tipo allucinante, da morire dal ridere. Uno alto, biondo capelli lunghi, abbronzato finto… vestito da cow boy… coi jeans strappati e il giubbotto di pelle, 50 anni su per giù…oltre che bello, ricco, bella macchina e conoscenze giuste. Io invece ero tutta fighetta con un abitino nero corto. Quella che è la padrona o la cameriera, non l’ho capito mai, mi guardava con un’espressione interrogativa, e io, che già mi veniva da ridere per il tipo, facevo così fatica a stare seria…Ho bevuto quella sera, e chiacchierato animatamente con lui, partecipe ai suoi problemi legati ad un matrimonio infelice. Solo ogni tanto incrociavo le sguardo della cameriera, e mi venivano le lacrime agli occhi. Chissà perchè, gli uomini belli hanno sempre qualcosa che non va. Il cow boy non l’ho più visto dopo quella sera, mi ha perfin richiamata. Alla vanità giova che un bell’uomo richiami. Per fortuna quella sera non ho incontrato nessuno che mi conoscesse, che vergogna! Sì, era il mio posto il Moscardo.

Si poteva sempre ad andarci... ci andavi con chiunque, vestita come capitava. Amori veri e sognati, amici, famiglia. È il ancora il mio posto, ma qualcosa è cambiato. Non c'è più il piatto del coniglio. Mi piaceva sentire la signora dall'aria casalinga che spiegava – ogni volta allo stesso modo– che cos'era il piatto del coniglio, e chiariva che il coniglio non c'era... Non sono una tradizionalista, ma sono ricordi della mia giovinezza... era una cosa simpatica... di sinistra... Certo, è più di sinistra il piatto del coniglio che il risottio mantecato con i gamberetti e gli aromi strani. Ora ci sono piatti sofisticati, buoni sì... quasi quasi glielo dico a Enzo uno di questi giorni: che cos'hai contro il piatto del coniglio? Si offenderà? Beh, Enzo è un amico, tanto carino e gentile, e mi ha aiutato a pubblicare i miei racconti quando erano inascoltabili – e forse lo sono ancora – ma come ristoratore... Un uomo, e uomo di cultura, che vive di sentimenti e ideali, mai noioso (per un uomo di cultura non è poco. Ma il piatto del coniglio... è l'immagine del locale, nel cuore degli alessandrini, anche se il risotto mantecato mi sa che è più buono. Quasi quasi ci vado stasera, anche da sola... ho questo complesso, una zitella non giovane da sola per locali... non sta bene – ultimo tabù della società-. Ma oggi è il compleanno di Enzo, quasi quasi... faccio la carina... auguri auguri baci baci... e glielo dico, che io voglio il piatto del coniglio. Vorrei anche la signora dell'aria casalinga che ripete ddolcemente la storia del piatto del coniglio, ma mi rendo conto che è troppo, è pure antisindacale. Ok, la storia del coniglio la può raccontare anche la attuale cameriera, così carina e professionale, sarebbe un compromesso accettabiele... ma che la storia del coniglio sia precisa, assolutamente sempre quella, quella dei miei vent'anni, dei miei primi fidanzati, dei miei primi sogni . Che ora è? Magari non vado, che vado a farci da sola? Meglio chiamare. Gli auguri sono sempre graditi. Magari faccio finta di niente, e chiedo con nonchalanche a Enzo – se non si è troppo offeso per il coniglio - se ha visto ancora il musicista, si sarà sposato, sarà magari nonno.
Comunque il Moscardo resta il mio locale, e lì porto tutte le persone importanti della mia vita.

 Bun compleanno, Enzo
Carta da Parati Coniglietto disegno • Pixers® - Viviamo per il ...

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