Che fai lì in fondo, nascosto dietro la pila? Vieni avanti,
sei venuto per me, o no? Vedo, mi stai
cercando con gli occhi. Alza lo sguardo, sono in alto, mi hanno spostata qui,
sopra l’altare. Mi hai trovato finalmente.
Sono Maria. Maria, non la madonna. Sono una ragazza di
campagna che, per compiacere un parente pittore dilettante ha accettato di
posare con un bambino, per un quadro destinato al una cappelletta di campagna. Una
ragazzetta qualsiasi, che non era madre, e neanche vergine, che qualcuno ha
trascinato via da un campo in cui raccoglieva fiori selvatici per diventare
controvoglia la madonna. Il viso ripulito alla buona, un velo azzurro a coprire
i riccioli arruffati, le labbra umettate di saliva per dare un po’ di colore. Il
quadro piacque molto, gli fu persin attribuito
qualche miracolo. Allora fu spostato in una chiesetta, che poi si ingrandì e
diventò, anche per le virtù del dipinto, il Santuario che ora vedi. E io sono
diventata la madonna. Cioè mi sono
convinta di esserlo perché tutti ne sono convinti, chiedono grazie, pregano e
implorano dinnanzi a me. Questo che ho
in braccio non è mio figlio, è un bambino che mi portavo appresso mentre i suoi
genitori erano nei campi. Sì, un po’ grande per la parte di Gesù, e un po’
troppo discolo. Il pittore ha ben raffigurato l’espressione vivace, gli occhi
vispi e allegri. Ha lasciato perdere unghie nere e graffi sulle braccia. Poco adatto alla parte. Sembra sempre in
procinto di saltar giù dal quadro per andare a correre e saltare nei fossi. Ero
una ragazza come tutte, di indole tranquilla, semplice e poco vanitosa,
lavoratrice, dedita alla famiglia. Il mio viso non è molto espressivo nel
ritratto perché mi annoiavo a stare in posa, e pensavo ai tanti lavori che mi
aspettavano…
Una volta non ero così come mi vedi, in origine non c’erano
ricami dorati sul velo, e neppure la corona. Non erano cose adatte a Maria e
neanche alla madonna che ora sono. Sono stati aggiunti successivamente, quando
la chiesetta è diventata un grande e sontuoso santuario. Comunque hai ragione a
confidare in me. Il mio viso à dolce, di chi accoglie e non giudica. In effetti
a forza di star qui ho imparato il mestiere, sono diventata la madonna: a forza
di ascoltare confidenze, suppliche, preghiere e ringraziamenti ho imparato
tutto dei dolori del mondo, e non sono più la ragazzetta spensierata di cui ti
dicevo.
Stare qui in questo quadro nella pieve all’inizio era un
supplizio. Poco più che bambina, cosa potevo capire del peccato. Oltre a qualche bugia innocente alla mamma,
che cosa potevo aver fatto? Difficile, imbarazzante recitare questa parte. Ma
mi impegnavo sapete, perchè la gente mi guardava, e credeva fossi proprio Lei e
confidava in me. Dovevo capire, e anche fare, risolvere. Ragazzetta di tredici
anni, - adulta non sarei mai diventata, morii di febbre in un inverno
freddissimo – imparai il mestiere di madonna.
Non è affatto un mestiere facile. Non ci sono solo suppliche
e richieste di aiuto. Ci sono anche i peccati. Gli uomini vengono qui a chiedere perdono con quattro
avemaria pater gloria si ripuliscono la coscienza. - Ho ucciso, rubato,
ingannato, ma chiedo scusa…quanto costa la tua complicità, madonnina. - E io
devo perdonare, mi tocca, altre madonne prima di me hanno dato l’abitudine.
In questa coorte di delinquenti senza dio i miei occhi si
posano su quelli che sembrano fuori posto, a disagio, tra un assassino di qua e
un ladro di là. Io sono curiosa, voglio sapere di questi peccatori
imbarazzati.
Sono gli uomini degli atti mancati.
Sono tanti e vari gli atti mancati.
Se Lui li punisce?
Veramente non lo so. Io
non so molto delle sacre scritture. Non so leggere.
Però stando qui mi sono fatta una idea mia del peccato.
E punisco gli atti mancati.
Punisco le parole non dette, le carezze non date. I saluti
trattenuti o pronunciati a bassa voce, nella paura che l’altro non risponda.
Gli sguardi abbassati. I sorrisi morti sul nascere. I gesti mancati verso
persone indifferenti, che quelle amiche non ne hanno neppure bisogno. Le
parole: scusa, torno, ti accompagno, ci sono, ci sarò, vediamoci, non importa,
grazie, ti aiuto, aiutami…parole importanti e altre semplici o banali, ma non
meno importanti. E il tono di voce…che sia dolce, e tenero, e fraterno, e
materno, e paterno, e protettivo, e amichevole, e partecipe, e comprensivo. Il
tono che sia quello giusto per la parola che dite, e per quel che sente il
cuore…perché la parola da sola non vale. E poi, punisco chi non fa il male e
non fa l bene, chi non fa niente. Chi è indifferente. Chi potrebbe fare il male
e non lo fa per i motivi più vari, e si sente a posto. Chi potrebbe fare il
bene e non lo fa. Atti mancati.
Da me non vengono solo peccatori, no.
Ci sono i piccoli e grandi dolori. Le persone chiedono
aiuto. Mi dicono non ce la faccio più, fai qualcosa tu. Che fare. Aiuto non è
la dimenticanza, che non si vuol
dimenticare le persone amate, è dare un senso, è accettare.
Persone sole.
È un lavoro difficile per una ragazzina sai.
Poi ci sono i desideri. Tanti vogliono una magia o una
raccomandazione, ma se non sono propriamente una madonna non sono neanche una
maga. Ma proprio per non deluderli, visto che credono in me, cerco di farli
riflettere su come arrivare. Qual è la via. E se è il caso di cercarla.
Dimmi, tu che ti inginocchi ai miei piedi, con chi stai?
Che fai qui, non sei un peccatore, si vede subito.
Non hai ucciso, rubato tradito,
sembri una persona onesta e amorevole, il tuo sguardo è
diretto.
Hai un grande dolore? Vuoi l’aiuto della dimenticanza?
Sei solo?
Hai un desiderio, un sogno?
Non hai peccati, non chiedi grazie, che vuoi?
Non vuoi niente. Volevi conoscermi. Sei confuso.
Io ascolto, ascolto tutti, è il mio lavoro.
Nessuno ascolta me, tu sei il primo.
Ma forse ho capito perchè sei qui.
Soffri di peccati non tuoi.
Lascia perdere, pensa che così va il mondo, vattene a casa.
Lascia perdere, pensa che così va il mondo, vattene a casa.
Vai via, lasciami riposare, il mio orario è finito.
Affrettati, il sacrestano sta chiudendo il portone.
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