mercoledì 8 febbraio 2012

La madonnina


Che fai lì in fondo, nascosto dietro la pila? Vieni avanti, sei venuto per  me, o no? Vedo, mi stai cercando con gli occhi. Alza lo sguardo, sono in alto, mi hanno spostata qui, sopra l’altare. Mi hai trovato finalmente.
Sono Maria. Maria, non la madonna. Sono una ragazza di campagna che, per compiacere un parente pittore dilettante ha accettato di posare con un bambino, per un quadro destinato al una cappelletta di campagna. Una ragazzetta qualsiasi, che non era madre, e neanche vergine, che qualcuno ha trascinato via da un campo in cui raccoglieva fiori selvatici per diventare controvoglia la madonna. Il viso ripulito alla buona, un velo azzurro a coprire i riccioli arruffati, le labbra umettate di saliva per dare un po’ di colore. Il quadro piacque molto,  gli fu persin attribuito qualche miracolo. Allora fu spostato in una chiesetta, che poi si ingrandì e diventò, anche per le virtù del dipinto, il Santuario che ora vedi. E io sono diventata la madonna. Cioè mi  sono convinta di esserlo perché tutti ne sono convinti, chiedono grazie, pregano e implorano dinnanzi a me.  Questo che ho in braccio non è mio figlio, è un bambino che mi portavo appresso mentre i suoi genitori erano nei campi. Sì, un po’ grande per la parte di Gesù, e un po’ troppo discolo. Il pittore ha ben raffigurato l’espressione vivace, gli occhi vispi e allegri. Ha lasciato perdere unghie nere e graffi sulle braccia.  Poco adatto alla parte. Sembra sempre in procinto di saltar giù dal quadro per andare a correre e saltare nei fossi. Ero una ragazza come tutte, di indole tranquilla, semplice e poco vanitosa, lavoratrice, dedita alla famiglia. Il mio viso non è molto espressivo nel ritratto perché mi annoiavo a stare in posa, e pensavo ai tanti lavori che mi aspettavano…
Una volta non ero così come mi vedi, in origine non c’erano ricami dorati sul velo, e neppure la corona. Non erano cose adatte a Maria e neanche alla madonna che ora sono. Sono stati aggiunti successivamente, quando la chiesetta è diventata un grande e sontuoso santuario. Comunque hai ragione a confidare in me. Il mio viso à dolce, di chi accoglie e non giudica. In effetti a forza di star qui ho imparato il mestiere, sono diventata la madonna: a forza di ascoltare confidenze, suppliche, preghiere e ringraziamenti ho imparato tutto dei dolori del mondo, e non sono più la ragazzetta spensierata di cui ti dicevo.

Stare qui in questo quadro nella pieve all’inizio era un supplizio. Poco più che bambina, cosa potevo capire del peccato.  Oltre a qualche bugia innocente alla mamma, che cosa potevo aver fatto? Difficile, imbarazzante recitare questa parte. Ma mi impegnavo sapete, perchè la gente mi guardava, e credeva fossi proprio Lei e confidava in me. Dovevo capire, e anche fare, risolvere. Ragazzetta di tredici anni, - adulta non sarei mai diventata, morii di febbre in un inverno freddissimo – imparai il mestiere di madonna.
Non è affatto un mestiere facile. Non ci sono solo suppliche e richieste di aiuto. Ci sono anche i peccati. Gli uomini  vengono qui a chiedere perdono con quattro avemaria pater gloria si ripuliscono la coscienza. - Ho ucciso, rubato, ingannato, ma chiedo scusa…quanto costa la tua complicità, madonnina. - E io devo perdonare, mi tocca, altre madonne prima di me hanno dato l’abitudine.
In questa coorte di delinquenti senza dio i miei occhi si posano su quelli che sembrano fuori posto, a disagio, tra un assassino di qua e un ladro di là. Io sono curiosa, voglio sapere di questi peccatori imbarazzati.   
Sono gli uomini degli atti mancati.
Sono tanti e vari gli atti mancati.
Se Lui li punisce?
Veramente non lo so. Io  non so molto delle sacre scritture. Non so leggere.
Però stando qui mi sono fatta una idea mia del peccato.
E punisco gli atti mancati.
Punisco le parole non dette, le carezze non date. I saluti trattenuti o pronunciati a bassa voce, nella paura che l’altro non risponda. Gli sguardi abbassati. I sorrisi morti sul nascere. I gesti mancati verso persone indifferenti, che quelle amiche non ne hanno neppure bisogno. Le parole: scusa, torno, ti accompagno, ci sono, ci sarò, vediamoci, non importa, grazie, ti aiuto, aiutami…parole importanti e altre semplici o banali, ma non meno importanti. E il tono di voce…che sia dolce, e tenero, e fraterno, e materno, e paterno, e protettivo, e amichevole, e partecipe, e comprensivo. Il tono che sia quello giusto per la parola che dite, e per quel che sente il cuore…perché la parola da sola non vale. E poi, punisco chi non fa il male e non fa l bene, chi non fa niente. Chi è indifferente. Chi potrebbe fare il male e non lo fa per i motivi più vari, e si sente a posto. Chi potrebbe fare il bene e non lo fa. Atti mancati.

Da me non vengono solo peccatori, no.
Ci sono i piccoli e grandi dolori. Le persone chiedono aiuto. Mi dicono non ce la faccio più, fai qualcosa tu. Che fare. Aiuto non è la dimenticanza,  che non si vuol dimenticare le persone amate, è dare un senso, è accettare.
Persone sole.
È un lavoro difficile per una ragazzina sai.
Poi ci sono i desideri. Tanti vogliono una magia o una raccomandazione, ma se non sono propriamente una madonna non sono neanche una maga. Ma proprio per non deluderli, visto che credono in me, cerco di farli riflettere su come arrivare. Qual è la via. E se è il caso di cercarla.

Dimmi, tu che ti inginocchi ai miei piedi, con chi stai?
Che fai qui, non sei un peccatore, si vede subito.
Non hai ucciso, rubato tradito,
sembri una persona onesta e amorevole, il tuo sguardo è diretto.
Hai un grande dolore? Vuoi l’aiuto della dimenticanza?
Sei solo?
Hai un desiderio, un sogno?
Non hai peccati, non chiedi grazie, che vuoi?
Non vuoi niente. Volevi conoscermi. Sei confuso.
Io ascolto, ascolto tutti, è il mio lavoro.
Nessuno ascolta me, tu sei il primo.
Ma forse ho capito perchè sei qui.
Soffri di peccati non tuoi.
Lascia perdere, pensa che così va il mondo, vattene a casa.
Vai via, lasciami riposare, il mio orario è finito.
Affrettati, il sacrestano sta chiudendo il portone.

Nessun commento:

Posta un commento