Biancaneve avanzava cauta, strisciando lungo le mura del
castello. Era avvolta in un mantello nero, appartenuto sicuramente ad un
adulto, pesante e lungo fino a terra. Il cappuccio era tirato su a coprire il
viso: si vedevano solo due grandi occhi verdi spauriti. Con lei la fida Luna,
cagnolina nera con le zampette bianche, compagna di Biancaneve dalla nascita.
Non sembrava condividere i suoi timori e avanzava a testa alta, sostenuta e
spedita.
Biancaneve faceva di tutto per non farsi notare: ma una
bambina così piccola da sola alle sei di mattina, con un mantello che
scrisciava nella polvere ed un cane nero… avrebbe dato nell’occhio a chiunque.
Per fortuna, vista l’ora, la via era deserta.
Biancaneve continuava a girarsi verso il castello, temendo
di vedere un gendarme o una serva affacciarsi, o addirittura la terribile
matrigna… Si chiedeva: - Ma dov’è mai questo
giardino incantato? – E finalmente una porticina - un piccolo cancello di ferro
lavorato - interruppe le mura, e Biancaneve e Luna si
infilarono furtive all’interno.
Si fece largo tra le fronde che dagli alberi si chinavano
fino a terra. Trovò un varco e avanzò nel grande prato. Il sole di agosto
illuminava uno spiazzo verde circondato da alberi. In fondo si intravedeva una
villa antica. Si tolse il manto, visto che la giornata era torrida e ormai non doveva più difendersi dagli sguardi
estranei. Mentre si liberava dell’indumento, Luna scappò via, inseguendo un
ciuffo bianco che si muoveva a zig zag, velocissimo.
-
Luna, Luna, torna qui. - Biancaneve la chiamò invano. E intanto
pensava: - Chissà quali pericoli nasconde
questo luogo! Dicono che nessun cane sia mai entrato…Si accorse che il ciuffo
bianco in fuga era un coniglio… no… il bianconiglio, animaletto antipatico e
saputello che sarebbe qualche secolo dopo comparso nella favola di Alice! – Prese a correre per recuperare l’amata Luna
e salvare lei e il coniglio, ma presto li perse di vista..
Mentre attraversava il giardino, incontrò un uomo che stava caricando degli attrezzi su un carro.
-
Hai visto Luna?
-
Il cane nero? Andava di là, verso la villa.
-
Grazie… ma tu chi sei? Un servo del re?
-
Un servo? – ride l’uomo – no, no, sono un uomo libero.
Lavoro per mettere via i tavoli e le sedie che sono serviti per la festa di
ieri. Ci sono anche gli strumenti da portare via, poi bisogna finire di pulire…
-
Una festa? Con i valzer, le crinoline? Chissà che noia!
-
No, no. Se vuoi sapere di ieri, prendi quella chitarra
lì, vedi…tocca le corde…ecco così.
Biancaneve si sedette sull’erba prese lo strumento sulle
gambe, e sfiorò i fili…ne uscì una musica che si sentiva appena, e che diventò via via più forte, riempendo tutto il parco.
Biancaneve non sapeva suonare, ma le note arrivavano proprio da lei. E si
sentiva una canzone, ma lei si guardò intorno, non c’era nessun altro oltre al
servo…la voce cantava:
Mentre attraversavo London Bridge
un giorno senza sole
vidi una donna pianger d'amore,
piangeva per il suo Geordie.
Impiccheranno Geordie con una corda d'oro,
è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel parco del re
vendendoli per denaro.
Sellate il suo cavallo dalla bianca criniera
sellatele il suo pony
cavalcherà fino a Londra stasera
ad implorare per Geordie.
….
Il servo continuava il suo lavoro e sembrava indifferente
alla musica, forse non la sentiva:
-
Invece di stare a trastullarti con la mia chitarra, che
ne dici di aiutare a caricare le sedie sul carretto? Dai, muoviti!
Perplessa per i modi autorevoli del servo, cominciò ad
aiutarlo. Intanto gli parlava:
-
Io sono Biancaneve.
-
Io mi chiamo Libero. Piacere. Scusa, non posso perder
tempo, devo sbrigare qui prima delle otto, devo andare in ufficio.
-
Non ti darà fastidio se ti parlo mentre lavori. Però,
come sono pesanti queste sedie… non ti chiedi come mai sono qui?
-
Come mai sei qui? – chiese Libero, sbuffando.
-
Allora, sono fuggita dal castello. Dimmi, non trovi
buffo che una principessina fugga da un castello?
-
Buffo, certo, bambina petulante. Ci sono anche quelle casse là in fondo, vai,
su…
-
E, dicevo, sono fuggita, perché ero stanca della
matrigna cattiva, sempre davanti allo specchio a provare nuovi abiti. Mi odia
sai, perché pensa che sono più bella di lei, anche se, come vedi, non ho bei
vestiti. E le sorellastre, non ti dico... Così sto sempre con la servitù - a proposito, di te non mi ricordo – e aiuto a
pulire, cucinare e a fare il bucato. Anche le serve non le sopporto, se non
sono impegnate a lucidare e lavare stanno a spettegolare…
-
Povera Biancaneve…
-
Sì, povera me. Ma non pensare che io sia come mi dipingono
nelle favole…Frego i pavimenti e faccio il bucato, ma non mi rassegno. La mia
testolina pensa sempre…
-
A cosa?
-
A come fuggire, a dove andare… Ho tentato tante volte
di tagliare la corda…
-
E com’è andata? Scusa, intanto scostati che devo
prendere gli strumenti.
-
Com’è andata? Mica tanto bene… Sono scappata dalla
porta di servizio, in un pomeriggio distratto in cui la regina misurava nuovi
vestiti, il re era in riunione con i ministri, le serve ciarlavano… Sono
fuggita nel bosco: lì ero ben protetta dagli sguardi dei gendarmi che mi
avrebbero presto inseguita.
-
E non avevi paura, bambina?
-
Che dici! Paura io? Beh, poco poco… Era così buio. Si
sentiva il verso della civetta, e il lupo ululava…Ma finalmente gli alberi si
sono diradati, ho raggiunto uno slargo, e ho visto una luce…
-
La casa dei sette nani?
-
Come lo sai? Sì, era proprio la casa dei sette nani.
-
Salva!
-
Macchè! Ancora pavimenti da lucidare e piatti da
lavare…e poi i nani non erano quella gran compagnia, sempre a pensare agli ori
e alle pietre preziose che trovavano in miniera…
-
Povera Biancaneve!
-
Sì, povera me!
-
Sì, povera te ma non fermarti. Si sono altre sedie da
impilare, forza!
-
Sì sì, ecco qui….Stavo dicendo che stare dai nanetti
proprio non mi andava; ero proprio stufa, quando è arrivata la strega. Con la
mela fatata. Mi sono addormentata: così mi sono liberata dai nani e dai ventotto
piatti da lavare ogni giorno…ma non è finita qui…
-
Ma quanto parli bambina…dai, dimmi, cos’è successo
ancora?
-
Me ne stavo a dormire in pace su di un giaciglio nel
bosco, quando è arrivato quel tipo… il principe azzurro…
-
E ti ha baciato?
-
No no, calma. Lui voleva…ma io mi sono svegliata e ho
visto il suo viso vicinissimo al mio… e ho sentito che aveva un alito cattivo,
ma così cattivo… sapeva di aglio… Mi sono buttata giù dal giaciglio e me la
sono data a gambe levate!
Il servo rise a crepapelle, e dovette interrompere il suo
lavoro per asciugarsi gli occhi.
-
Non fa ridere per niente. Avessi sentito che fiato! Così
sono tornata al castello. Dove tutti erano così affaccendati nelle loro inutili
faccende che non si erano neppure accorti della mia sparizione. Ho ritrovato le
servette intente a chiacchierare, il re
in riunione con i ministri per decidere sempre le stesse cose, e la regina in
riunione con la sarta.
-
Povera biancaneve… - disse il servo, tirando su col
naso, e cercando di assumere un’espressione greve.
-
Macchè povera. So il fatto mio. Riprovo. E riproverò
finchè troverò la via per la libertà. E infatti sono arrivata sin qui, nel
giardino incantato, con la mia amata Luna. A proposito, Luna, Lunetta, dove sei!
– chiacchierando si era dimenticata del cane…
-
Entrare nella villa. Passa di lì.
Bianca mollò di colpo lo scatolone che stava trasportando, e
si precipitò verso il porticato…
-
Piano, guarda dove metti i piedi, impiastro…
Bianca si era inciampata in uno strumento appoggiato a
terra, strumento che lei a aveva già sentito suonare a corte, un’arpa…
-
Che disastro! Chi lo dirà alla musicista?
Bianca aveva infilato un piede proprio in mezzo allo
strumento, spezzando alcune corde…
E mentre bianca si scusava, con l’arpa, e carezzava le corde
sopravvissute, le note cominciarono ad uscire, dolci e melodiose: Moon river…
I'm crossing you in style someday.
Oh, dream maker, you heartbreaker,
wherever you're going I'm going your way.
Two drifters off to see the world,
there's such a lot of world to see.
We're after the same rainbows end,
and waiting round the bend,
my huckleberry friend,
- Scusa, arpa,sono contenta che tu non te la sia presa, non
volevo farti male… - disse Biancaneve accarezzando lo strumento. Poi proseguì
nella sua ricerca. Entrò nella villa,
percorse corridoi ornati di quadri antichi, e trovò finalmente Luna
seduta di fronte ad un affresco: un castello in mezzo al verde delle colline, e
un grosso coniglio bianco in primo piano, che non sembrava entrarci proprio
nulla con lo sfondo. Imprendibile sotto quello
strato di vernice. Luna lo guardava con occhi infuocati e ringhiava.
-
Luna, su, andiamo. Tra un po’ si accorgeranno della
nostra fuga al castello, non dobbiamo farci prendere. - Luna non distoglieva lo sguardo dalla preda; non ne
voleva proprio sapere di venir via. Allora la bambina tornò fuori, e nell’attesa
fece un giro per il parco.
Trovò un cappello di paglia sfondato, circondato da un
nastro di tessuto rosso. Anche se rotto, poteva riparare dal sole. Se lo mise
in testa, e cominciò a sentire una musica, diversa da quella di prima, una
canzone accompagnata da una chitarra: Todo cambia…
Cambia el mas fino brillante de mano en mano su brillo
cambia el nido el pajarillo
cambia el sentir un amante
Cambia el rumbo el caminante
aunque esto le cause daño
y así como todo cambia
que yo cambie no extraño
Cambia
todo cambia…
Cambia todo cambia…
Cambia todo cambia…
Posò
con cura il cappello ai piedi dell’albero. Doveva essere stato di un musicista…
Le
piaceva molto la musica del parco incantato, così diversa dai minuetti di
corte. Voleva chiedere al servo cos’erano quelle melodie, e chi erano cantanti
e strumentisti…ma mentre si avviava verso di lui vide delle foglie che si
staccavano dai rami di un enorme ciliegio e si adagiavano ai suoi piedi.
-
Sono foglie di poesia! Guarda, servo, che buffe queste foglie! Sono
tutte scritte…Senti qui:
Hai dimenticato i sandali amore
i tuoi sandali di desiderio,
li ha trovati sotto il mio letto
il mio portiere
scopando notte tempo
ha trovato i tuoi sandali;
vieni a prendere i tuoi sandali amore
i sandali di legno di sandalo
i sandali di legno biblico
buttali in testa al Signore
che ci ha diviso il cuore.
Alda
Merini.
- Lei è è venuta alla festa?
- Alda Merini? No, non c’è più.
Ma se fosse viva, verrebbe.
-
E questo che è caduto dal cesto che cos’è?
-
Un flauto traverso.
Lei soffiò. Niente. Soffiò più
forte: una marcia…amarcord…
Quando la musica si spense, e si
sentirono passi pesanti nella strada. Bianca si affacciò dalla porticina:
arrivavano a passo sostenuto la matrigna, le sorellastre, l’istitutrice, due
gendarmi, la bambinaia, due serv ie una guardia ecologica con tanto di retino…
e un po’ indietro i sette odiosissimi nani…e si sentiva un rumore strano…gli
zoccoli di un cavallo…
-
Aiuto! Arrivano tutti! Che sciocca sono stata! Se
questo è un giardino incantato, e tutti gli strumenti sono magici, il flauto è un flauto magico. Lo
prende e lo butta in un cespuglio.
Urlò: Luna, Lunetta, andiamo!
-
Scusa, servo, devo scappare!
-
E dagli con questo servo… non sono un servo…
-
In effetti non hai l’aria del servo. Ma nel mio mondo
ci sono solo servi e soldati, e non sembri un soldato.
-
E’ lo stesso, dai. Ci vediamo alla festa? L’anno
prossimo ad agosto. Anzi, quando leggi della festa su internet, vieni a dare
una mano.
-
Basta che non mi fai lavare altri piatti… Internet? L’hanno già inventato?
-
Hai voglia! Già da un po’!
-
Allora agosto 1712!
-
Agosto 2012…
-
Che strambo questo servo, si comporta come un uomo
libero! Però 2012, chissà come gli è venuto in mente! – disse fra sé e sé la
bimba.
-
Che stramba questa bambina. Sembra uscita davvero da
una fiaba! 1712, poi, come le è venuto! - Il servo le rivolse uno sguardo
interrogativo, poi finì di stipare il materiale sul carro.
Nel frattempo arrivò Luna di
corsa, Bianca cercò rapidamente una via di fuga. La squadra con a capo la matrigna arrivava da
sinistra, ma a destra la strada proseguiva, formando un gomito oltre il quale
chissà cosa c’era! Si avviò decisa a
destra, pensando che non sapeva cosa avrebbe trovato, ma una via doveva pur
portare da qualche parte. Libero si fece sulla porta: - Di qui via libera, vai,
veloce…
E prese a correre, e corse sempre
più veloce, attraversando la città – Corri forte, scappa, non farti prendere! –
era la voce lontana di Libero. E poi
attraversò campi, prati, boschi. E saltava fossi e attraversava ruscelli. E il
suo vestito rosa da principessa povera si infangava, e si strappava nei
roveti…ma lei correva, senza fiato ma felice, Luna sempre al suo fianco, pure
lei senza fiato e felice. Inizialmente si girava indietro per vedere se la
matrigna e gli altri la raggiungevano, ma dopo averli visti scivolare nel fango
della prima pozzanghera non si voltò più.
Correva correva correva.
E a fianco a lei Luna correva
correva correva.
Si fermò un attimo a prendere
fiato e si lasciò andare a terra a peso morto… e poi…si rialzò… e di nuovo a correre…
Correva e rideva, come fanno a
volte i bambini, senza motivo. Correva e
non andava in nessun posto. E pensava che aveva scoperto per caso cosa le
piaceva fare nella vita. Correre.
Ps: tornerà qui per la festa, nell’agosto
1712…o 2012? Boh.
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