venerdì 16 marzo 2012

Vacanze


Venerdì 30 giugno ’94. Lei si prepara per andare a lavorare. Si lava e si veste. Si mette l’abito che a suo avviso le sta meglio. Però non si trucca, le mani le tremano. Sveglia la bambina. - Sbrigati, è tardi, la colazione è pronta. - Il rito del mattino, gesti sempre uguali. Ma questo 30 giugno non sarà un giorno uguale agli altri.
Ha paura. Lei ha tanta paura, si sente terrorizzata. Ma continua nei preparativi come se non succedesse niente. Guarda gli abiti ben piegati, pronti da mettere in valigia. La solita meticolosa precisione di sempre. La partenza per le vacanze è programmata per domani. Domani sembra lontanissimo.      
           Non può aspettare. E’ in pericolo, loro potrebbero ucciderla. Loro chi? Non lo sa, non sa chi sono, ma sono là fuori e l’aspettano…Scrolla la testa, vorrebbe sapere, la paura sarebbe meno grande, e poi forse capirebbe cosa poter fare per salvarsi…Un’idea ce l’ha: forse sono i servizi segreti, che vogliono eliminare gli uomini migliori, quelli che ubbidiscono ma dubitano. 
Lei lo sa, ne è certa…c’è qualcuno là fuori pronto a spararle. Sì, le sparerà, quella è la sua morte. Ha tanta paura. Vive come dentro un film.
Guarda di nuovo gli abiti e la valigia, la richiude e non porta con sé niente. Loro capirebbero subito che sta scappando. Devono pensare invece che è una giornata normale, che lei va a lavorare come tutti i giorni. Riuscirà a ingannarli? Vuole fregarli a tutti i costi, vuole vivere.
Scende con Laura. No, non è incoscienza, non ha paura per la piccola; anzi pensa che non le spareranno proprio perché c’è la bambina, e la tiene ben stretta vicino a sé avviandosi alla macchina. Un sospiro di sollievo, ha funzionato, sapeva che doveva funzionare: ce l’ha fatta, nessuno le ha sparato.
Accompagna la figlia dai nonni, come ogni mattina. E’ più tranquilla.
-          Sara, sei in ritardo. Ma che cos’hai? Sei stanca?
-          “No, non è niente. Ci vediamo stasera.
Ma il suo sguardo si posa su qualcosa che la disturba, qualcosa che non devrebbe essere lì. Si chiede che cos’è quel fagotto lì per terra nel fosso, a fianco del cancello. E’ un gatto morto. Sì, un gatto morto. E’ un segnale, è evidente. Sono arrivati anche lì, vogliono uccidere anche i nonni. Non è più solo lei in pericolo, deve fare qualcosa. Ma come affrontare degli uomini armati, che per di più non hanno volto, non si mostrano mai, non parlano e non ascoltano. Si rimette in macchina e come un automa si dirige al lavoro.
-          Dove siete? Uscite fuori, spiegatemi perché devo morire, perché oggi. Ascoltate la mia voce. Voglio sapere chi siete, chi vi manda. Morire così non ha un senso.

Sono quasi le dieci, è tardissimo. Lascia l’auto nel parcheggio a pagamento - cosa che non ha mai fatto. Non paga il pedaggio – cosa che non ha mai fatto, rispetta sempre le regole – ed entra in banca. I colleghi sono tutti là, la guardano stupiti mentre lei tira dritto verso l’ascensore, senza salutare, senza dire una parola. Scrollano la testa, non è mai arrivata così tardi, poi senza neppure avvisare. Notano che gli occhi brillano in un modo strano. Notano che è particolarmente elegante. Il suo abito più bello per un giorno speciale: è un vestito anni cinquanta, un po’ lungo, con la cintura stretta in vita, che le lascia  le spalle scoperte.
Vuole andare dal capo del personale: anche lui è nei servizi segreti, anzi è lui, proprio lui,  che ha organizzato tutto, è lui che vuole ucciderla. Vuole dirgli che sa tutto: questa è la sua unica possibilità di salvezza: se esce allo scoperto, lui non potrà più farle nulla. Sale con l’ascensore di vetro che porta al secondo piano, agli uffici direzionali. Ora ha davanti il lungo corridoio deserto e silenzioso. Il cuore batte forte. -Coraggio, tra pochi secondi è tutto finito. - Cammina veloce, non incontra nessuno, si lascia alle spalle una lunga serie di porte chiuse. Il cuore le salta in gola.  E’ quasi arrivata, ancora dieci metri e c’è l’atrio con gli affreschi e gli specchi alle pareti, è là che si dirige. Comincia a intravederli i dipinti sul soffitto, il cielo, le nuvole… Ecco gli angeli.  Forza, pochi metri ancora.
Inspiegabilmente rallenta, la sua corsa si ferma davanti alla penultima porta.
Non parlerà con capo del personale, non lavorerà quel giorno e neanche nei giorni seguenti.

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