Venerdì 30
giugno ’94. Lei si prepara per andare a lavorare. Si lava e si veste. Si mette
l’abito che a suo avviso le sta meglio. Però non si trucca, le mani le tremano.
Sveglia la bambina. - Sbrigati, è tardi, la colazione è pronta. - Il rito del
mattino, gesti sempre uguali. Ma questo 30 giugno non sarà un giorno uguale
agli altri.
Ha paura. Lei
ha tanta paura, si sente terrorizzata. Ma continua nei preparativi come se non
succedesse niente. Guarda gli abiti ben piegati, pronti da mettere in valigia. La
solita meticolosa precisione di sempre. La partenza per le vacanze è
programmata per domani. Domani sembra lontanissimo.
Non può aspettare. E’ in pericolo,
loro potrebbero ucciderla. Loro chi? Non lo sa, non sa chi sono, ma sono là
fuori e l’aspettano…Scrolla la testa, vorrebbe sapere, la paura sarebbe meno
grande, e poi forse capirebbe cosa poter fare per salvarsi…Un’idea ce l’ha: forse
sono i servizi segreti, che vogliono eliminare gli uomini migliori, quelli che
ubbidiscono ma dubitano.
Lei lo sa, ne è certa…c’è
qualcuno là fuori pronto a spararle. Sì, le sparerà, quella è la sua morte. Ha
tanta paura. Vive come dentro un film.
Guarda di
nuovo gli abiti e la valigia, la richiude e non porta con sé niente. Loro capirebbero
subito che sta scappando. Devono pensare invece che è una giornata normale, che
lei va a lavorare come tutti i giorni. Riuscirà a ingannarli? Vuole fregarli a
tutti i costi, vuole vivere.
Scende con Laura.
No, non è incoscienza, non ha paura per la piccola; anzi pensa che non le
spareranno proprio perché c’è la bambina, e la tiene ben stretta vicino a sé
avviandosi alla macchina. Un sospiro di sollievo, ha funzionato, sapeva che
doveva funzionare: ce l’ha fatta, nessuno le ha sparato.
Accompagna la
figlia dai nonni, come ogni mattina. E’ più tranquilla.
-
Sara, sei in ritardo. Ma che cos’hai? Sei stanca?
-
“No, non è niente. Ci vediamo stasera.
Ma il suo sguardo si posa su
qualcosa che la disturba, qualcosa che non devrebbe essere lì. Si chiede che
cos’è quel fagotto lì per terra nel fosso, a fianco del cancello. E’ un gatto
morto. Sì, un gatto morto. E’ un segnale, è evidente. Sono arrivati anche lì,
vogliono uccidere anche i nonni. Non è più solo lei in pericolo, deve fare
qualcosa. Ma come affrontare degli uomini armati, che per di più non hanno
volto, non si mostrano mai, non parlano e non ascoltano. Si rimette in macchina
e come un automa si dirige al lavoro.
-
Dove siete? Uscite fuori, spiegatemi perché devo
morire, perché oggi. Ascoltate la mia voce. Voglio sapere chi siete, chi vi
manda. Morire così non ha un senso.
Sono quasi le
dieci, è tardissimo. Lascia l’auto nel parcheggio a pagamento - cosa che non ha
mai fatto. Non paga il pedaggio – cosa che non ha mai fatto, rispetta sempre le
regole – ed entra in banca. I colleghi sono tutti là, la guardano stupiti mentre
lei tira dritto verso l’ascensore, senza salutare, senza dire una parola. Scrollano
la testa, non è mai arrivata così tardi, poi senza neppure avvisare. Notano che
gli occhi brillano in un modo strano. Notano che è particolarmente elegante. Il
suo abito più bello per un giorno speciale: è un vestito anni cinquanta, un po’
lungo, con la cintura stretta in vita, che le lascia le spalle scoperte.
Vuole andare
dal capo del personale: anche lui è nei servizi segreti, anzi è lui, proprio
lui, che ha organizzato tutto, è lui che
vuole ucciderla. Vuole dirgli che sa tutto: questa è la sua unica possibilità
di salvezza: se esce allo scoperto, lui non potrà più farle nulla. Sale con
l’ascensore di vetro che porta al secondo piano, agli uffici direzionali. Ora
ha davanti il lungo corridoio deserto e silenzioso. Il cuore batte forte. -Coraggio,
tra pochi secondi è tutto finito. - Cammina veloce, non incontra nessuno, si
lascia alle spalle una lunga serie di porte chiuse. Il cuore le salta in
gola. E’ quasi arrivata, ancora dieci
metri e c’è l’atrio con gli affreschi e gli specchi alle pareti, è là che si
dirige. Comincia a intravederli i dipinti sul soffitto, il cielo, le nuvole… Ecco
gli angeli. Forza, pochi metri ancora.
Inspiegabilmente rallenta, la sua
corsa si ferma davanti alla penultima porta.
Non parlerà con capo del personale, non lavorerà quel giorno e neanche
nei giorni seguenti.
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