La luce finì alle 17.25 del 15
dicembre 2010, domenica.
Lei era a
letto, leggeva, aveva a fianco libri e giornali, nuovi e vecchi, nel consueto
disordine, quando la luce si spense. Guardò fuori: un po’ di luce filtrava
dalle tapparelle, non era poi una sera così buia. Oltre alla luce si spense la
tv, che teneva accesa più che altro per compagnia. Sbuffando chiuse il libro,
posò gli occhiali e si girò da una parte, pensando di schiacciare un pisolino
in attesa della luce.
Dopo dieci
minuti stabilì di non aver affatto sonno, e si alzò. Sbirciò fuori, tutto buio,
deserto. Pensò a dove poteva aver messo le candele. C’e n’erano sicuramente con
gli addobbi di natale… in cantina, splendido. Ne aveva comprato di color crema,
attorcigliate, per cene romantiche, ma, data la scarsità di cene romantiche le
aveva seppellite dietro piatti e bicchieri nel mobile del soggiorno, e al buio
come arrivarci? Ecco, le candele gialle per le zanzare, quelle alla citronella –
candele erano pur sempre -, le avrebbe trovate facilmente. Insomma,
facilmente…erano come previsto nello sgabuzzino, sullo scaffale in alto, peccato
che davanti c’erano anche altri oggetti
spinti su alla rinfusa, e che precipitarono tutti a terra. Ma la scatola
contenente le candeline era ben salda nelle sue mani, era il primo oggetto che
aveva afferrato.
Un sospiro di
sollievo, aveva le candele.
Ora però bisognava pensare a come
accenderle.
Non doveva essere complicato. Con
i fornelli a gas? Facile…se non fosse che aveva solo piastre elettriche! Un
accendino…Non fumava ma ne aveva tenuto uno per le emergenze, appunto. L’aveva
messo, dove…in cucina, nel cassetto fra posate e piccoli attrezzi. Bastava
cercare. Al buio. Con la mano passò in rassegna il contenuto, non trovò, pensò
alla figlia che diceva di non fumare ma non ci avrebbe messo la mano sul fuoco…cominciò
a sudare…niente, non c’era.
La mensola sul
termosifone. Quando si usava un piccolo oggetto, cioè forbici biro clips, e non
si aveva voglia di riporlo, si posava lì sopra. Passò la mano delicatamente sul
disordine della mensola e…eccolo…l’accendino! Esultò. Manco avesse trovato
inaspettatamente una banconota da 500 euro. Sospirando felice accese una
candela.
Finalmente una
luce. Non era una gran luce, illuminava in un raggio limitato. Ma era pur
sempre una luce. Accese subito una seconda candela, nell’eventualità che la
prima si spegnesse. Ora finalmente poteva fare qualcosa…ad esempio telefonare.
Telefonare alla sua amica. Non con il fisso, che ovviamente non funzionava, col
cell. Raccontò all’amica, in salvo all’altro capo della città, della
disavventura, e si dedicarono ad alcuni pettegolezzi, tanto per allentare la
tensione. Dopo aver concluso la conversazione avrebbe voluto mettere sotto
carica il cellulare, ormai scarico, ma non era possibile. Quindi non avrebbe potuto
più telefonare. Questa non ci voleva. Certo, a pensarci, avrebbe potuto fare
qualche chiacchiera inutile in meno.
Intanto il
tempo passava, erano le 18,30, e la luce non tornava.
Chissà se qualcuno aveva già
telefonato all’enel. Sicuramente sì, l’intera via era al buio; ne era certa,
qualcuno si era già mosso.
Il cane,
sinora quieto e del tutto indifferente al problema energetico, cominciava a
girarle intorno; voleva uscire. Lo portò fuori. Passando davanti alle porte dei
vicini fu tentata di suonare il campanello, pur non avendo una gran confidenza
con loro. Restò con la mano a mezz’aria e l’abbassò. Proseguì verso l’uscita.
Le vie erano buie e deserte.
Anche senza luce, la gente avrebbe potuto uscire. Buio per buio… Dov’erano
tutti? Nessuno usciva col cane, nessuno andava a trovare parenti e amici.
Rientrò, trovò naturale cercare l’interruttore, ma non successe nulla.
L’inattività cominciava
a innervosiva: niente televisione, niente musica, niente pc. Provò a leggere
qualche pagina del suo libro, ma abbandonò quasi subito, un po’ per via della
luce troppo bassa, un po’ perché non si sentiva tranquilla. Erano ormai passate
due ore, e la luce non tornava. Non c’era mai stata una interruzione così
lunga.
Pensò al
frigorifero, alle cose che potevano andare a male in freezer: quanto poteva
resistere chiuso in quella stagione?
E se non fosse
più tornata? Certo, di solito la luce tornava. Dopo dieci minuti, mezz’ora,
un’ora. Ma non era mica detto. Che ne sapeva lei. Poteva essere un guasto
grave, non immediatamente riparabile. Non riparabile.
Si affacciava
ogni tanto alla finestra per vedere se passava qualche furgone dell’enel: niente.
Poi, doveva per forza trattarsi
di un guasto dell’enel? Visto il protrarsi della cosa, poteva essere qualcosa
di più grave, chissà, ma cosa?
Erano le otto.
Cominciò a pensare a cosa mangiare quella sera. Non poteva cucinare. Qualche
biscotto e un frutto. Non voleva aprire il frigo per mantenere la temperatura.
E se la corrente non fosse tornata, che cosa consumare prima? Cominciò a fare
il conto della possibile durata delle scorte alimentari. Senza corrente i
negozi non avrebbero potuto aprire. Poteva andare avanti per una decina di
giorni tranquillamente. Ma in una situazione di allarme sarebbe stato meglio
ridurre le dosi, e resistere un po’ di più. Tanto era in sovrappeso. Anche
Luna. Poi qualcosa sarebbe successo. La protezione civile probabilmente era già
in azione.
Il silenzio,
che inizialmente le sembrava la
restituzione di uno spazio suo incontaminato, col passare dei minuti e delle
ore si faceva pesante. Era il vuoto.
Le candele si consumavano. Con
l’aiuto dell’ultima fiamma andò a cercarne altre nel mobile del soggorno.
Faceva freddo. I termosifoni erano gelidi, probabilmente anche la caldaia si
accendeva con la corrente. Si mise due maglie, poi anche il giaccone. Avrebbe
potuto andare sotto le coperte, tanto, per oziare così…ma voleva essere sveglia
e vigile al ritorno della luce.
E se si fosse
trattato di una guerra?
Manca la luce quando inizia la
guerra o non c’entrava niente? Sicuramente c’entrava. Una guerra civile o una
guerra-guerra? Una guerra nucleare? Poteva trattarsi di un incidente in una
centrale nucleare, una nuova Cernobyl? Tutto poteva essere: senza televisione,
isolati dal mondo, come sapere.
Notte: erano
ormai le undici. Prese il cane, una scorta di crocchini e una ciotola, un pacco
di biscotti e due bottiglie d’acqua –
si sa che si muore prima di sete che di fame – Andò all’auto, salì con Luna,
girò la chiave e – meraviglia – la macchina si mise in moto. Certo, normale che si mettesse in
moto, non aveva bisogno di corrente. Avrebbe cercato la luce! Almeno avrebbe
capito se era al buio solo il quartiere, o la città…o tutto il mondo.
Era contenta di essere uscita da
quella casa buia fredda e silenziosa, le sembrava quasi una gabbia. Era
contenta di trovare tecnologia funzionante.
Andò verso il
centro, percorrendo vie tutte uguali: buie, silenziose e deserte. Avrebbe
voluto trovare la luce. Ma, visto che la luce non c’era, avrebbe voluto almeno trovare qualcuno,
qualcuno che sapeva, qualcuno che le dicesse il perché: hanno avvisato ieri
dell’interruzione del servizio, la produzione di corrente è diminuita, ci sono
prove di evacuazione in caso di emergenze. In assenza di gente informata, si
sarebbe accontentata di incontrare qualcuno come lei, impaurito come lei, per
condividere quell’ansia. Niente di tutto
ciò, il deserto. Era notte fonda ormai, ma la città di solito era animata a
tutte le ore, mai vista la città vuota.
Non si perse d’animo. Lasciò il
centro, attraversò la periferia dirigendosi verso la città più vicina.
Intanto la mente continuava a
cercare il senso di quella situazione assurda.
Forse
sbagliava. Non era un guasto, non era guerra. Neanche Cernobyl.
Semplicemente era la fine del mondo, ecco, questo era. Pensava:-
Tutto finisce. Il mondo finisce oggi qui. Forse è già finito, e ci siamo solo
più Luna e io. Però la fine del mondo non è cosa da poco, non può capitare
così, mentre sto in pigiama e leggo Camilleri davanti alla televisione
sintonizzata su domenica in, e Luna rosicchia il suo osso di gomma…
Pensava a qualcosa di grandioso,
rumore, o musica classica…Wagner o Behetoven, un temporale violento, vento
lampi e fulmini, alberi che cadono. Invece stava nella sua twingo, con il
parabrezza che si bagnava di una pioggerellina noiosa, in un silenzio di tomba
rotto solo dal motore dell’auto.
Una luce
arancione: di questa luce on aveva proprio bisogno. La spia della benzina, non
ci voleva. Poteva prevederlo: come
poteva andare alla ricerca di terre lontane sfuggite al disastro, spingendosi
fino ai confini del mondo, con venti euro di benzina? Metteva sempre venti euro
di benzina. Una breve imprecazione e riprese la via di casa. Tentare di fare il
pieno ad un automatico? Neanche a pensarci, impossibile che funzionasse un
distributore in quell’apocalisse. Poteva esserci il rischio di un’esplosione. D’altronde,
visto che il mondo era deserto, era forse meglio rifugiarsi nella propria tana,
da cui poco prima non vedeva l’ora di fuggire .
Rientrata a
casa si infilò nel letto vestita. Luna
stava ai suoi piedi, stranamente tranquilla, partecipe alla gravità del
momento. Avrebbe voluto con gesto
automatico puntare la sveglia. Cosa impossibile e anche inutile, dato che il
mondo era finito già da un po’. Si addormento subito, stremata per il tanto
pensare.
Si svegliò di
soprassalto: uno squillo…uno squillo insistente…Che c’entrava il telefono? Come
faceva a suonare il telefono? - Ma che ti è successo? Cos’è questa voce da
oltretomba? Sono le nove. Di nuovo non ti è suonata la sveglia? Al solito, qualcosa
di grave, ok, Sbrigati dai, che c’è un sacco di lavoro…Ma no non preoccuparti, non
manchi solo tu, qualcun altro è andato a dormire senza puntare la sveglia. Sai,
è mancata la luce ieri sera.
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