venerdì 16 marzo 2012

Senza luce


La luce finì alle 17.25 del 15 dicembre 2010, domenica.

Lei era a letto, leggeva, aveva a fianco libri e giornali, nuovi e vecchi, nel consueto disordine, quando la luce si spense. Guardò fuori: un po’ di luce filtrava dalle tapparelle, non era poi una sera così buia. Oltre alla luce si spense la tv, che teneva accesa più che altro per compagnia. Sbuffando chiuse il libro, posò gli occhiali e si girò da una parte, pensando di schiacciare un pisolino in attesa della luce.
Dopo dieci minuti stabilì di non aver affatto sonno, e si alzò. Sbirciò fuori, tutto buio, deserto. Pensò a dove poteva aver messo le candele. C’e n’erano sicuramente con gli addobbi di natale… in cantina, splendido. Ne aveva comprato di color crema, attorcigliate, per cene romantiche, ma, data la scarsità di cene romantiche le aveva seppellite dietro piatti e bicchieri nel mobile del soggiorno, e al buio come arrivarci? Ecco, le candele gialle  per le zanzare, quelle alla citronella – candele erano pur sempre -, le avrebbe trovate facilmente. Insomma, facilmente…erano come previsto nello sgabuzzino, sullo scaffale in alto, peccato che davanti c’erano anche  altri oggetti spinti su alla rinfusa, e che precipitarono tutti a terra. Ma la scatola contenente le candeline era ben salda nelle sue mani, era il primo oggetto che aveva afferrato.
Un sospiro di sollievo, aveva le candele.
Ora però bisognava pensare a come accenderle.
Non doveva essere complicato. Con i fornelli a gas? Facile…se non fosse che aveva solo piastre elettriche! Un accendino…Non fumava ma ne aveva tenuto uno per le emergenze, appunto. L’aveva messo, dove…in cucina, nel cassetto fra posate e piccoli attrezzi. Bastava cercare. Al buio. Con la mano passò in rassegna il contenuto, non trovò, pensò alla figlia che diceva di non fumare ma non ci avrebbe messo la mano sul fuoco…cominciò a sudare…niente, non c’era.
La mensola sul termosifone. Quando si usava un piccolo oggetto, cioè forbici biro clips, e non si aveva voglia di riporlo, si posava lì sopra. Passò la mano delicatamente sul disordine della mensola e…eccolo…l’accendino! Esultò. Manco avesse trovato inaspettatamente una banconota da 500 euro. Sospirando felice accese una candela.
Finalmente una luce. Non era una gran luce, illuminava in un raggio limitato. Ma era pur sempre una luce. Accese subito una seconda candela, nell’eventualità che la prima si spegnesse. Ora finalmente poteva fare qualcosa…ad esempio telefonare. Telefonare alla sua amica. Non con il fisso, che ovviamente non funzionava, col cell. Raccontò all’amica, in salvo all’altro capo della città, della disavventura, e si dedicarono ad alcuni pettegolezzi, tanto per allentare la tensione. Dopo aver concluso la conversazione avrebbe voluto mettere sotto carica il cellulare, ormai scarico, ma  non era possibile. Quindi non avrebbe potuto più telefonare. Questa non ci voleva. Certo, a pensarci, avrebbe potuto fare qualche chiacchiera inutile in meno.
Intanto il tempo passava, erano le 18,30, e la luce non tornava.
Chissà se qualcuno aveva già telefonato all’enel. Sicuramente sì, l’intera via era al buio; ne era certa, qualcuno si era già mosso.
Il cane, sinora quieto e del tutto indifferente al problema energetico, cominciava a girarle intorno; voleva uscire. Lo portò fuori. Passando davanti alle porte dei vicini fu tentata di suonare il campanello, pur non avendo una gran confidenza con loro. Restò con la mano a mezz’aria e l’abbassò. Proseguì verso l’uscita.
Le vie erano buie e deserte. Anche senza luce, la gente avrebbe potuto uscire. Buio per buio… Dov’erano tutti? Nessuno usciva col cane, nessuno andava a trovare parenti e amici. Rientrò, trovò naturale cercare l’interruttore, ma non successe nulla.
L’inattività cominciava a innervosiva: niente televisione, niente musica, niente pc. Provò a leggere qualche pagina del suo libro, ma abbandonò quasi subito, un po’ per via della luce troppo bassa, un po’ perché non si sentiva tranquilla. Erano ormai passate due ore, e la luce non tornava. Non c’era mai stata una interruzione così lunga.
Pensò al frigorifero, alle cose che potevano andare a male in freezer: quanto poteva resistere chiuso in quella stagione?
E se non fosse più tornata? Certo, di solito la luce tornava. Dopo dieci minuti, mezz’ora, un’ora. Ma non era mica detto. Che ne sapeva lei. Poteva essere un guasto grave, non immediatamente riparabile. Non riparabile.
Si affacciava ogni tanto alla finestra per vedere se passava qualche furgone dell’enel: niente.
Poi, doveva per forza trattarsi di un guasto dell’enel? Visto il protrarsi della cosa, poteva essere qualcosa di più grave, chissà, ma cosa?
Erano le otto. Cominciò a pensare a cosa mangiare quella sera. Non poteva cucinare. Qualche biscotto e un frutto. Non voleva aprire il frigo per mantenere la temperatura. E se la corrente non fosse tornata, che cosa consumare prima? Cominciò a fare il conto della possibile durata delle scorte alimentari. Senza corrente i negozi non avrebbero potuto aprire. Poteva andare avanti per una decina di giorni tranquillamente. Ma in una situazione di allarme sarebbe stato meglio ridurre le dosi, e resistere un po’ di più. Tanto era in sovrappeso. Anche Luna. Poi qualcosa sarebbe successo. La protezione civile probabilmente era già in azione.
Il silenzio, che inizialmente  le sembrava la restituzione di uno spazio suo incontaminato, col passare dei minuti e delle ore si faceva pesante. Era il vuoto.
Le candele si consumavano. Con l’aiuto dell’ultima fiamma andò a cercarne altre nel mobile del soggorno. Faceva freddo. I termosifoni erano gelidi, probabilmente anche la caldaia si accendeva con la corrente. Si mise due maglie, poi anche il giaccone. Avrebbe potuto andare sotto le coperte, tanto, per oziare così…ma voleva essere sveglia e vigile al ritorno della luce.
E se si fosse trattato di una guerra?
Manca la luce quando inizia la guerra o non c’entrava niente? Sicuramente c’entrava. Una guerra civile o una guerra-guerra? Una guerra nucleare? Poteva trattarsi di un incidente in una centrale nucleare, una nuova Cernobyl? Tutto poteva essere: senza televisione, isolati dal mondo, come sapere.
Notte: erano ormai le undici. Prese il cane, una scorta di crocchini e una ciotola, un pacco di biscotti    e due bottiglie d’acqua – si sa che si muore prima di sete che di fame – Andò all’auto, salì con Luna, girò la chiave e – meraviglia – la macchina si mise  in moto. Certo, normale che si mettesse in moto, non aveva bisogno di corrente. Avrebbe cercato la luce! Almeno avrebbe capito se era al buio solo il quartiere, o la città…o tutto il mondo.
Era contenta di essere uscita da quella casa buia fredda e silenziosa, le sembrava quasi una gabbia. Era contenta di trovare tecnologia funzionante.
Andò verso il centro, percorrendo vie tutte uguali: buie, silenziose e deserte. Avrebbe voluto trovare la luce. Ma, visto che la luce non c’era,  avrebbe voluto almeno trovare qualcuno, qualcuno che sapeva, qualcuno che le dicesse il perché: hanno avvisato ieri dell’interruzione del servizio, la produzione di corrente è diminuita, ci sono prove di evacuazione in caso di emergenze. In assenza di gente informata, si sarebbe accontentata di incontrare qualcuno come lei, impaurito come lei, per condividere quell’ansia.  Niente di tutto ciò, il deserto. Era notte fonda ormai, ma la città di solito era animata a tutte le ore, mai vista la città vuota.
Non si perse d’animo. Lasciò il centro, attraversò la periferia dirigendosi verso la città più vicina.
Intanto la mente continuava a cercare il senso di quella situazione assurda.
Forse sbagliava. Non era un guasto, non era guerra. Neanche Cernobyl.
Semplicemente  era la fine del mondo, ecco, questo era. Pensava:- Tutto finisce. Il mondo finisce oggi qui. Forse è già finito, e ci siamo solo più Luna e io. Però la fine del mondo non è cosa da poco, non può capitare così, mentre sto in pigiama e leggo Camilleri davanti alla televisione sintonizzata su domenica in, e Luna rosicchia il suo osso di gomma…
Pensava a qualcosa di grandioso, rumore, o musica classica…Wagner o Behetoven, un temporale violento, vento lampi e fulmini, alberi che cadono. Invece stava nella sua twingo, con il parabrezza che si bagnava di una pioggerellina noiosa, in un silenzio di tomba rotto solo dal motore dell’auto.
Una luce arancione: di questa luce on aveva proprio bisogno. La spia della benzina, non ci voleva.  Poteva prevederlo: come poteva andare alla ricerca di terre lontane sfuggite al disastro, spingendosi fino ai confini del mondo, con venti euro di benzina? Metteva sempre venti euro di benzina. Una breve imprecazione e riprese la via di casa. Tentare di fare il pieno ad un automatico? Neanche a pensarci, impossibile che funzionasse un distributore in quell’apocalisse. Poteva esserci il rischio di un’esplosione. D’altronde, visto che il mondo era deserto, era forse meglio rifugiarsi nella propria tana, da cui poco prima non vedeva l’ora di fuggire .
Rientrata a casa si infilò nel letto  vestita. Luna stava ai suoi piedi, stranamente tranquilla, partecipe alla gravità del momento.  Avrebbe voluto con gesto automatico puntare la sveglia. Cosa impossibile e anche inutile, dato che il mondo era finito già da un po’. Si addormento subito, stremata per il tanto pensare.
Si svegliò di soprassalto: uno squillo…uno squillo insistente…Che c’entrava il telefono? Come faceva a suonare il telefono? - Ma che ti è successo? Cos’è questa voce da oltretomba? Sono le nove. Di nuovo non ti è suonata la sveglia? Al solito, qualcosa di grave, ok, Sbrigati dai, che c’è un sacco di lavoro…Ma no non preoccuparti, non manchi solo tu, qualcun altro è andato a dormire senza puntare la sveglia. Sai, è mancata la luce ieri sera.


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