venerdì 16 marzo 2012

La casa in collina



"La casa in collina: villette sparse in mezzo al verde di queste dolci colline del monferrato. Sole, cielo, prati, fiori, natura…”
Lo sguardo domina la valle.
L’immagine del nuovo centro residenziale è rappresentata nell’enorme cartello, otto metri per cinque, che taglia il cielo azzurro in una giornata di sole primaverile.
L’autista e gli operai, dopo aver aspettato per mezz’ora l’arrivo dell’ingegnere, iniziano il lavoro. D’altronde la sua presenza non è indispensabile.
La betoniera inizia a versare il cemento nella fossa, gettando le fondamenta del nuovo grande centro residenziale.

Maria fa la commessa in pasticceria. Ed è l’attività giusta per lei, ama quel lavoro e quella vita. Maria è carina e dolce, pelle chiara e trasparente, viso tondo, guance rosate, labbra a cuore. Sembra un pasticcino, panna e fragola.
Nonostante sia così graziosa, è stata sola a lungo; questo perché lavorava molto e non ha mai avuto molto tempo per uscire; poi non amava i passatempi dei giovani di oggi, discoteche e locali…Ma forse non le è mancato il tempo…la verità è che è vissuta a lungo nel ricordo della sua famiglia, della sua infanzia. No, vivere nel ricordo non era affatto cosa triste per lei: una bella famiglia, una infanzia felice, in campagna, circondata dalla natura, dai fiori…
Quanti fiori nella sua infanzia, la sua infanzia nella casa in collina…
La casa si trovava proprio in cima alla collina, a due chilometri dal paese. Era una casa di campagna, una specie di cascinotto. Da una parte il cortile, dall’altra l’orto, e tutt’intorno un grande prato. Ci si arrivava da una stradina sterrata. La proprietà era delimitata sul davanti da una rete metallica, a cui si aggrappava una rosa rampicante di colore rosso vivo.
Maria era affezionata a questa casa, e in particolare alla rosa. L’aveva piantata la mamma quando lei era bambina. Era lì da sempre. Aveva resistito al rigore degli inverni e all’arsura delle estati, regalando puntualmente ogni anno a maggio una enorme nuvola di fiori resistenti  e di un rosso vivo. Quella era la pianta preferita dalla mamma, anche se c’erano rose più profumate e dai colori più delicati. Pensava che quella rosa contenesse l’anima della mamma.     
            I fiori della sua infanzia in realtà non erano le rose, erano le dalie. Fiori fuori moda…non si vedono nei giardini delle villette a schiera. Colori splendenti.. giallo arancione rosso porpora rosa fucsia viola…fiori certo non dei più raffinati…tanti soli spendenti sparati verso il cielo. Tutte le domeniche mattina la mamma le faceva recidere le dalie perché lei le portasse al campo santo. Un rito che si ripeteva sempre uguale. Fiori fuori moda per un’abitudine desueta. Non altri fiori, solo dalie, chissà perché. Così poco adatte al camposanto, con qui colori così violenti.  Lei tagliava i gambi della lunghezza giusta, componeva un bel mazzo, combinando ad arte i colori, e avvolgeva i fiori in carta di giornale, e si avviava verso il camposanto. Ogni domenica, finchè era viva la mamma.
Finchè era viva, mai una tomba senza un fiore.
Queste abitudini si perdono. Ora il campo santo prende colore solo a novembre. In ossequio ad un rito, fiori convenzionali, colori ordinari.
Solo dalie, mai rose. Ma forse il motivo si capisce, le rose sono i fiori di maggio, la stagione degli amori, non certo adatti al camposanto.
Maria non vive più lì, sta in città. Ma quando può torna ad annusare le rose di casa sua, poco profumate per la verità – le rose rampicanti non hanno profumo - e a passeggiare nell’erba; in casa guarda il calendario di dieci anni fa’,  con gli appunti sulla semina, il crocifisso, la foto dei nonni; sfoglia il quaderno con le ricette, scritte con la calligrafia regolare di chi non ha finito il ciclo elementare; apre i cassetti della cucina, pieni di strofinacci ricavati da vecchie tovaglie - ne servivano tanti per le conserve e la frutta sciroppata - . Nella casa tutto parla della mamma: le tende ricamate, i piatti riposti in un ordine sempre uguale, i soprammobili. Sicuramente, aprendo la credenza, avrebbe trovato l’ultimo lavoro a maglia a cui lei si dedicava al mattino presto, dopo aver acceso la stufa a legna, quando tutti erano ancora al caldo sotto le coperte. E il tavolo di marmo, sembrava ancora sporco di farina, dall’ultima domenica in cui, come ogni domenica,  aveva preparato a mano la pasta.  
Maria ha vissuto a lungo di ricordi. Ma ora non più, non è più sola: il cliente distinto, di mezz’età, che viene in pasticceria ogni domenica mattina, l’ingegnere, l’ha notata. La gentilezza, la finezza e il sorriso di Maria non passano inosservati. Ma è tanto riservata, pochi si fanno avanti. Lui ha avuto coraggio e intraprendenza, l’ha corteggiata. E ora capita spesso di vederli sulla passeggiata o al bar, nel giorni di riposo di Maria. Lui è un uomo importante, ricco. Maria è contenta, non perché sia interessata alle sue ricchezze, ma perché si sente protetta e al sicuro vicino ad un uomo arrivato.  Chi li vede mano nella mano si compiace di tanto amore.
Maria torna ormai di rado alla casa in collina. In occasione dell’ultima visita ha trovato dei bollettini di tasse arretrate da pagare. Lui si è offerto di aiutarla, come d’altronde è naturale che un uomo innamorato faccia: avrebbe provveduto a pagare, ma non solo, avrebbe fatto ben di più: le ha proposto di conferire l’immobile – la casa sulla collina – ad una sua società immobiliare, per risolvere i problemi finanziari del momento e prevenire quelli che si eventualmente si sarebbero presentati. Per dimostrarsi disinteressato, le ha intestato una procura a vendere. Le ha spiegato che questo documento garantiva che solo lei - e nessun altro – avrebbe potuto vendere la casa.  
La procura è stata riposta al sicuro in un cassetto del mobile dell’ingresso, a casa di lei; almeno lei avrebbe giurato di averla messa proprio lì.
Un anno dopo della casa sulla collina non c’è quasi più nulla, solo qualche  muro divelto. Resiste il capanno degli attrezzi, ancora appesi alla parete dove li aveva riposti il padre anni fa’: ci sono ancora zappe, rastrelli, falci, forbicioni, accette, insomma tutto ciò che serve per lavorare l’orto e il giardino.     
C’è una ruspa sull’orlo di una grande buca. Al posto della rosa rampicante l’ enorme cartello “La casa in collina, centro residenziale”.
Maria l’aveva pregato il giorno prima di accompagnarla lì, per vedere l’ultima volta la casa, o meglio quel che ne restava. Erano rimasti qualche minuto insieme, per l’ultima volta  insieme soli, sul bordo scivoloso della buca.

Gli operai hanno ormai finito, se ne vanno. Salendo sul camion, calpestano quei   fiori volgari dai colori accesi,  abbandonati tra il fango. Non capiscono  come possano essere giunti fin lì.
L’ingegnere non si sarebbe presentato in cantiere quel giorno, né il giorno dopo, anzi nessuno l’avrebbe più visto. Qualcuno parlava in paese di nuovi affari immobiliari in sud america,  qualcuno di una giovane straniera.

Maria continua a vendere pasticcini, sempre sorridente...solo i capelli sono un po’ più chiari, per via di qualche filo bianco. Potete incontrare il suo sorriso, dolce e senza tempo,  attraverso la vetrina di via del corso.
            

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