"La casa in collina: villette sparse in mezzo al verde di queste dolci colline del monferrato. Sole, cielo, prati, fiori, natura…”
Lo sguardo domina la valle.
L’immagine del nuovo centro residenziale è rappresentata nell’enorme
cartello, otto metri per cinque, che taglia il cielo azzurro in una giornata di
sole primaverile.
L’autista e gli operai, dopo aver aspettato per mezz’ora l’arrivo
dell’ingegnere, iniziano il lavoro. D’altronde la sua presenza non è
indispensabile.
La betoniera inizia a versare il cemento nella fossa, gettando le
fondamenta del nuovo grande centro residenziale.
Maria fa la
commessa in pasticceria. Ed è l’attività giusta per lei, ama quel lavoro e
quella vita. Maria è carina e dolce, pelle chiara e trasparente, viso tondo, guance
rosate, labbra a cuore. Sembra un pasticcino, panna e fragola.
Nonostante sia così graziosa, è
stata sola a lungo; questo perché lavorava molto e non ha mai avuto molto tempo
per uscire; poi non amava i passatempi dei giovani di oggi, discoteche e
locali…Ma forse non le è mancato il tempo…la verità è che è vissuta a lungo nel
ricordo della sua famiglia, della sua infanzia. No, vivere nel ricordo non era
affatto cosa triste per lei: una bella famiglia, una infanzia felice, in
campagna, circondata dalla natura, dai fiori…
Quanti fiori nella sua infanzia, la
sua infanzia nella casa in collina…
La casa si
trovava proprio in cima alla collina, a due chilometri dal paese. Era una casa
di campagna, una specie di cascinotto. Da una parte il cortile, dall’altra
l’orto, e tutt’intorno un grande prato. Ci si arrivava da una stradina
sterrata. La proprietà era delimitata sul davanti da una rete metallica, a cui
si aggrappava una rosa rampicante di colore rosso vivo.
Maria era affezionata a questa casa,
e in particolare alla rosa. L’aveva piantata la mamma quando lei era bambina.
Era lì da sempre. Aveva resistito al rigore degli inverni e all’arsura delle
estati, regalando puntualmente ogni anno a maggio una enorme nuvola di fiori
resistenti e di un rosso vivo. Quella
era la pianta preferita dalla mamma, anche se c’erano rose più profumate e dai
colori più delicati. Pensava che quella rosa contenesse l’anima della
mamma.
I
fiori della sua infanzia in realtà non erano le rose, erano le dalie. Fiori
fuori moda…non si vedono nei giardini delle villette a schiera. Colori
splendenti.. giallo arancione rosso porpora rosa fucsia viola…fiori certo non
dei più raffinati…tanti soli spendenti sparati verso il cielo. Tutte le
domeniche mattina la mamma le faceva recidere le dalie perché lei le portasse
al campo santo. Un rito che si ripeteva sempre uguale. Fiori fuori moda per
un’abitudine desueta. Non altri fiori, solo dalie, chissà perché. Così poco
adatte al camposanto, con qui colori così violenti. Lei tagliava i gambi della lunghezza giusta,
componeva un bel mazzo, combinando ad arte i colori, e avvolgeva i fiori in
carta di giornale, e si avviava verso il camposanto. Ogni domenica, finchè era
viva la mamma.
Finchè era viva, mai una tomba
senza un fiore.
Queste abitudini si perdono. Ora
il campo santo prende colore solo a novembre. In ossequio ad un rito, fiori
convenzionali, colori ordinari.
Solo dalie, mai rose. Ma forse il
motivo si capisce, le rose sono i fiori di maggio, la stagione degli amori, non
certo adatti al camposanto.
Maria non vive
più lì, sta in città. Ma quando può torna ad annusare le rose di casa sua, poco
profumate per la verità – le rose rampicanti non hanno profumo - e a
passeggiare nell’erba; in casa guarda il calendario di dieci anni fa’, con gli appunti sulla semina, il crocifisso,
la foto dei nonni; sfoglia il quaderno con le ricette, scritte con la
calligrafia regolare di chi non ha finito il ciclo elementare; apre i cassetti
della cucina, pieni di strofinacci ricavati da vecchie tovaglie - ne servivano
tanti per le conserve e la frutta sciroppata - . Nella casa tutto parla della
mamma: le tende ricamate, i piatti riposti in un ordine sempre uguale, i
soprammobili. Sicuramente, aprendo la credenza, avrebbe trovato l’ultimo lavoro
a maglia a cui lei si dedicava al mattino presto, dopo aver acceso la stufa a
legna, quando tutti erano ancora al caldo sotto le coperte. E il tavolo di
marmo, sembrava ancora sporco di farina, dall’ultima domenica in cui, come ogni
domenica, aveva preparato a mano la
pasta.
Maria ha
vissuto a lungo di ricordi. Ma ora non più, non è più sola: il cliente
distinto, di mezz’età, che viene in pasticceria ogni domenica mattina, l’ingegnere,
l’ha notata. La gentilezza, la finezza e il sorriso di Maria non passano
inosservati. Ma è tanto riservata, pochi si fanno avanti. Lui ha avuto coraggio
e intraprendenza, l’ha corteggiata. E ora capita spesso di vederli sulla
passeggiata o al bar, nel giorni di riposo di Maria. Lui è un uomo importante,
ricco. Maria è contenta, non perché sia interessata alle sue ricchezze, ma
perché si sente protetta e al sicuro vicino ad un uomo arrivato. Chi li vede mano nella mano si compiace di
tanto amore.
Maria torna ormai
di rado alla casa in collina. In occasione dell’ultima visita ha trovato dei
bollettini di tasse arretrate da pagare. Lui si è offerto di aiutarla, come d’altronde
è naturale che un uomo innamorato faccia: avrebbe provveduto a pagare, ma non
solo, avrebbe fatto ben di più: le ha proposto di conferire l’immobile – la
casa sulla collina – ad una sua società immobiliare, per risolvere i problemi
finanziari del momento e prevenire quelli che si eventualmente si sarebbero
presentati. Per dimostrarsi disinteressato, le ha intestato una procura a
vendere. Le ha spiegato che questo documento garantiva che solo lei - e nessun
altro – avrebbe potuto vendere la casa.
La procura è stata riposta al
sicuro in un cassetto del mobile dell’ingresso, a casa di lei; almeno lei avrebbe
giurato di averla messa proprio lì.
Un anno dopo della
casa sulla collina non c’è quasi più nulla, solo qualche muro divelto. Resiste il capanno degli
attrezzi, ancora appesi alla parete dove li aveva riposti il padre anni fa’: ci
sono ancora zappe, rastrelli, falci, forbicioni, accette, insomma tutto ciò che
serve per lavorare l’orto e il giardino.
C’è una ruspa sull’orlo di una
grande buca. Al posto della rosa rampicante l’ enorme cartello “La casa in
collina, centro residenziale”.
Maria l’aveva pregato il giorno
prima di accompagnarla lì, per vedere l’ultima volta la casa, o meglio quel che
ne restava. Erano rimasti qualche minuto insieme, per l’ultima volta insieme soli, sul bordo scivoloso della buca.
Gli operai hanno ormai finito, se ne vanno.
Salendo sul camion, calpestano quei fiori
volgari dai colori accesi, abbandonati
tra il fango. Non capiscono come possano
essere giunti fin lì.
L’ingegnere non si sarebbe presentato in cantiere quel giorno, né il
giorno dopo, anzi nessuno l’avrebbe più visto. Qualcuno parlava in paese di nuovi
affari immobiliari in sud america, qualcuno
di una giovane straniera.
Maria continua
a vendere pasticcini, sempre sorridente...solo i capelli sono un po’ più chiari,
per via di qualche filo bianco. Potete incontrare il suo sorriso, dolce e senza
tempo, attraverso la vetrina di via del corso.
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