500.000 euro sono tanti. Cioè,
non lo so, chi li ha mai avuti 500.000 euro? Come dire un miliardo. Una roba
immensa…non essere milionari…miliardari, ragionando in lire.
No, io non ho tutti questi soldi, almeno non li ho di mio.
Non sono povera: ho uno stipendio
discreto, i buoni pasto, ventimila euro di risparmi, il fondo pensione, la casa
col mutuo… nel mio piccolo sto bene, sono fortunata con i tempi che corrono.
Sta di fatto che 500.000 euro sono qui, ora. Qui, a casa
mia. Sul tavolo della cucina, sulla tovaglia, vicino agli avanzi della cena. Ma
mica posso stare tutta la sera a guardarli. Ora li faccio su e li sposto in
camera, sul letto.
Perché sono qui tutti questi soldi? Li ho rubati. Già, rubati.
Li ho presi in banca. No, non “presi” come a dire “prelevati”. Li ho proprio rubati.
Io ci lavoro in una banca. Mi è
venuta un giorno in mente questa idea balzana: fare una rapina.
Non è che ci si svegli la mattina con l’intenzione di fare
un colpo in banca, nella banca in cui si lavora poi! C’erano degli antefatti: avevamo
subito un mese prima una rapina: il solito balordo col taglierino si era fatto
dare quel poco che c’era nel cassetto ed era volato via. Io quel giorno non ero
al lavoro perchè in ferie, e mi ero sentita in colpa, non avendo condiviso con i colleghi un evento
così stressante. E non ero presente neanche quella volta che avevano fatto
riverniciare i termosifoni con il riscaldamento acceso al massimo, e si era
diffusa per i locali una puzza chimica pestilenziale: erano stati tutti male,
eccetto me … che ero all’outlet per vetrine.
Tornando alla rapina del tipo col
taglierino, mi ero chiesta: qualcuno avrà per caso sospettato di me? Mi sentivo
in colpa per la mia assenza, questo è evidente! Qualcuno poteva aver pensato che avevo predisposto io l’atto
criminoso, rimanendomene appositamente a casa? La risposta è no, assolutamente
no, nessuno poteva aver sospettato di me. Non per considerazioni morali – anche
se sono una persona di sani principi, onesta fino al midollo – ma per il fatto
che sono considerata totalmente inguaribilmente irreversibilmente priva di
senso pratico, incapace di organizzare alcunché, men che meno una rapina.
Questa critica bonaria nei miei confronti la leggevo quotidianamente negli
occhi dei colleghi rassegnati quando annaspavo cercando un cavo staccato del pc
o vagavo nella intranet aziendale lamentando la sparizione di un documento che
era sempre stato lì, era sicura…Però non mi andava di essere considerata
un’eterna imbranata. Allora mi è venuta in mente questa cosa, in grado di
riscattarmi: un’impresa complicata e eclatante e to’, pure disonesta. Avrei
dimostrato a me stessa di essere capace di tutto, pur pagando il prezzo di non
poterlo gridare al mondo.
Ma passiamo all’esposizione dei
fatti:
secondo il mio progetto mi sarei appropriata di quel poco
che c’era in cassaforte per le operazioni di sportello – una miseria - e avrei
svuotato i due bancomat, che contenevano il grosso delle giacenze, 250.000 euro l’uno.
Arrivò il grande giorno, venerdì venti novembre. Ero certa
che tutti sarebbero andati fuori dai piedi alle cinque (pettinatrice, figli da
portare a basket e riunione a Milano con i capi). Timbrai in uscita e mi fermai, sola. Mi accinsi ad aprire le
cassaforti collegate ai bancomat, appena caricate, lasciando per ultimo il
cassetto, che non presentava particolari difficoltà.
I bancomat erano due: un aggeggio vetusto di enormi
dimensioni nero, e una macchina più moderna, piccola e dalle forme eleganti, di
colore bianco. L’abbinamento non era casuale, ma frutto della creatività
dell’addetto all’immagine - architetto all’avanguardia, fino a qualche anno
prima impegnato nel settore della moda, cugino di secondo grado
dell’amministratore delegato - che aveva
inoltre insistito per un fondo color pervinca. L’effetto cromatico era inusuale
ma piacevole.
Aprire un bancomat non è cosa
facile. Non avevo le combinazioni.
Sarebbe stato un gioco da ragazzi se a caricare il bancomat fosse stato Piero. Le
pass maschili sono banali e prevedibili; gli uomini, si sa, non hanno una gran
fantasia, e questo vale anche in banca. Bancodelmonte: alle otto e mezza ogni
mattina trentamila tra cassaforti e
computer si aprivano con la stessa chiave. Ogni anno si cambia il codice, per motivi
di sicurezza: bancadelmonte1, bancadelmonte2; oppure bancadelmonte2010, bancadelmonte2011.
Ahimè, era Rosy a occuparsi dei caricamenti. Le password femminili sono più
varie e emotive: in presenza di fidanzati o mariti freschi di matrimonio
conterranno il nome del compagno. In presenza di figli, si procede in ordine di
peso affettivo… e vai con i nomi dei pargoli… Dopo la maggiore età e il
sommarsi di tante incomprensioni con la prole, si passa ai nomi degli animali
domestici, fedeli e affidabili per l’eternità. Sono queste le password più stabili,
con le consuete varianti 2,3,4.
I due bancomat non sono stati installati contemporaneamente.
Partii decisa dal più vecchio, l’antiquato macchinario nero, digitando sul
tastierino senza esitazione: G A T T O M I O. Attesi qualche secondo. Qualche
minuto. Niente, non si apriva.
Eppure ero sicura. Mi concentrai…
-
Ecco, Gattomio ha tredici anni, Rosy è qui da cinque, quindi
ha cambiato cinque pass…G A T T O M I O 5.
Digitai con attenzione…niente…
Avevo solo un ultimo tentativo. Sudavo…
G A T T O M I O 2 0 1
1.
Clic.
Lo sportello si aprì
di scatto. Passai senza esitazione alcuna al secondo bancomat: P R I S C
I L L A 2 0 1 1!
E ora, a noi!- Tirai fuori i cassetti di Priscilla, legai i soldi con gli
elastici e li deposi nelle borse di plastica… E ora toccava a Gattomio.
-
Bravo mi raccomando…
Gattomio è stato il primo gatto adottato dalla collega: raccolto
al gattile ferito e spelacchiato, fu curato e nutrito con amorevole dedizione da
Rosy. Si era rivelato un vero gattaccio randagio, sempre pronto a mordere e
graffiare, a dispetto delle attenzioni ricevute. Esempio assoluto di ingratitudine
ferina. La piccola Priscilla era invece una siamesina dolce e affettuosa,
proveniente da casa di colleghi, insomma una gattina di buona famiglia.
Ed ecco, come feci per estrarre i cassetti di Gattomio…
-
Ahi! Ma che fai, mi graffi? Sei scemo? Eppure mi
conosci, mi vedi tutti i giorni…
-
Trun trun…
-
Cosa sono questi versi… Dovevo immaginarlo… Solo Rosy
può mettele le mani qui dentro... – e
ricordai quella volta che il tecnico, dopo aver armeggiato per due ore nei suoi
ingranaggi, ci aveva lasciato un dito… Avevamo dovuto portarlo di corsa al
pronto soccorso.
E mi venne da ridere… Mi spiegavo molte cose sul mal
funzionamento di Gattomio2011. Era il bancomat più lento e rumoroso della città,
vergogna della banca. Come Gattomio, quello
vero, ce l’aveva col mondo ed era sempre pronto a graffiare e a mordere. Eppure
Rosy si prendeva cura di lui come di Priscilla2011, premurosa e imparziale: non
faceva mai mancare soldi, carta per gli scontrini, toner…faceva oliare gli
ingranaggi quando necessario. Nonostante
tali e tante attenzioni, ricevevamo spesso lamentele dai clienti, che
riferivano di soldi ricevuti in meno – e misteriosamente tutto quadrava sempre
– e di scontrini non stampati. Per non
parlare delle tessere trattenute...Io e i miei colleghi avevamo notato che i
clienti che venivano allo sportello a reclamare le proprie carte
inghiottite dalla macchina erano di
solito antipatici e pretenziosi, o
addirittura maleducati: “in questa banca non funziona mai nulla”, con le
varanti “banca di m…”, “bancomat di m…”, “questa volta vedrete, chiudo il conto e vado
alla cassa di risparmio…”. Non sarà che per caso Gattomio va a simpatia? Ad
esempio, al professore era capitato già tre volte di farsi portar via via la
tessera…
-
Gattomio, ma ti sta proprio antipatico il professore?
Che ti ha fatto?
-
Scccccc
-
Ah, già, hai ragione, viene col cane… Ora fammi finire
qui. La lettiera – cioè, no, la cassettina degli scarti – lasciamola pure per
la tua mamma, potresti avertene a male se disturbo oltre la tua intimità… Ecco
qui, ho estratto tutti i soldi…
-
Trun trun.
-
Massì, tranquillo, non ti lascio a digiuno per due
giorni. Due mazzette da dieci bastano? Ecco, una anche per Priscilla. - E mi
scappò una carezza alla gattina tenera, che dava sempre silenziosamente scontrini
e soldi, docile e precisa.
-
Gattomio?
-
Trun?
-
Ma ti ricordi di quella volta che è venuto il ragazzo
nuovo per la ditta dei valori – sì, quelli che portano i soldi col furgone
blindato – e Rosy gli ha offerto il caffè, e sono stati due minuti, non di più,
a chiacchierare – si sentiva sin dal salone il cinguettio di Rosy – e, al loro
ritorno, misteriosamente si è sganciato il carrello della carta, e il ragazzo
si è inciampato, è caduto… E aveva un segno nel polpaccio… sì, proprio come un
morso!
-
-Trun, trrrrrrrrr
-
Sei geloso, che ridere…
-
Trun…
-
Sì, geloso, geloso…
Che fai, alzi le spalle? Ma non hai spalle… Ecco, ho svuotato tutto. Una
coccola ciascuno e vado. – Da Priscilla, carina ma monocorde, arrivava il
solito mrrrrr mrrrrr.
Richusi le cassaforti, sistemai i borsoni, e mi avviai ben
carica nel buio della sera, pensando a Rust2011 sciallato sul divano, che
doveva ormai aver fame….ero in ritardo per la cena.
Ora sono tranquilla a casa con i
soldi. Nessuno sa nulla, nessuno dubita di me.
E nessuno dubiterà di me perché, come dicevo, sono un po’ stranita, viaggio a un metro da
terra. Incapace di quadrare una cassa, figuriamoci di rubare… I soldi non me li
fanno mai toccare in banca, non sono considerata affidabile. Ogni volta che
chiedo a Rosy se ha bisogno di aiuto, risponde sempre – Ho tempo, tranquilla, non disturbarti…
Ma sta di fatto che i soldi li ho rubati e sono qui. Non so
cosa ne farò. Però ora mi tolgo uno sfizio:
Disfo le mazzette. Spalmo i soldi ben bene sul letto, li
mescolo e spiegazzo.
E nuoto.
A rana.
Stile libero.
Dorso.
Non mi riesce bene il dorso.
Dovrei provare di nuovo a fare un corso di nuoto.
Di nuovo a rana, meglio…
Sono stanca, sono fuori allenamento, mi manca il fiato.
Ora mi riposo un po’.
Penso. E’ venerdì, ho due giorni e tre notti, tutto il week
end per decidere.
Per decidere cosa fare dei soldi. E di me.
Di me con i soldi.
Ma ora vorrei solo godermi questo momento, e non pensare
ancora al da farsi.
Ci penso invece.
Come si fa a non pensare tanti soldi, standoci seduta
sopra?
Perché li ho presi i soldi?
Mica mi servono.
Quelli che ho mi bastano
per i vestiti, i libri, il cinema e qualche cena fuori,
non vado neanche in vacanza,
per via di Rust.
Sono stata sempre così,
poco interessata e un po’ depressa.
Già da bambina…
Ricordo come un incubo quel tema
assegnato dalla maestra in quinta elementare:
“Cosa faresti se avessi a disposizione una piccola somma di
denaro?”
Pagina bianca.
- Anna, che ti succede?
Quante volte avevo sognato quel tema.
Ero brava in italiano, come in tutto il resto, d’altronde. Ancor
oggi, quando incontro per strada la maestra ottantenne, mi abbraccia e mi bacia
commossa, dicendo com’eri brava, d’italiano poi…
Ma quella pagina bianca non ha trovato mai riscatto.
Io non sapevo cosa fare di una piccola somma di denaro.
I giochi e i libri non mancavano, i vestiti ancora non mi
interessavano,
poi, goffa com’ero, che farmene.
Le compagne meno brave ma furbine parlavano di regali a
genitori e fratelli…: una collana di perle vere per la mamma…
Forse tutte le mamme volevano collane di perle vere, ma io
avevo genitori anziani e poco amanti delle futilità. Erano come me, cioè io ero
come loro…Mia madre, che io ricordo da sempre con i capelli grigi e la pelle
cotta dal sole della campagna, non me la vedevo proprio con una collana di
perle vere…
Ma la pagina bianca pesava non tanto per il brutto voto
incombente.
Sentivo che il mio comportamento non era normale.
Se vinci una piccola somma di denaro
devi riuscire a spenderla,
anzi devi essere entusiasta di questa opportunità.
Invece no.
Chissà se è stato proprio in questa occasione o in un’altra
simile
che mi sono accorta di essere diversa,
insomma, inadeguata.
Di non saper vivere.
Così è successo in seguito di esser tacciata di snobismo. Dicevano
di me: una con la testa per aria, con la
puzza sotto il naso… che arie da intellettuale.
Allora io mica sapevo di esser così.
Solo non sapevo che fare dei soldi
e della mia vita.
E ancora adesso…
Ancor oggi, come vorrei sapere che fare di una piccola somma
di denaro e scriverlo,
e poi fermare la mia maestra in panetteria
e consegnarle il mio quaderno,
ben ordinato, senza sbavature né orecchie…
chissà se sono in tempo a consegnare…
Beh, organizzare una rapina e amministrare 500.000 euro vale
enormemente più che destinare la piccola somma,
ma non posso farci un tema
da mostrare alla maestra Ines in panetteria il sabato
mattina.
E poi, mentre raccolgo le banconote spiegazzate, volate sotto
i mobili, rifletto
sul fatto che non saper spendere è brutta bruttissima cosa.
È davvero non saper vivere.
È non apprezzare ciò che con i soldi si può avere,
recare offesa al valore di cose tanto belle e buone.
E’ non desiderare nulla…
Bisogna essere sciocchi, pazzi, o almeno ingenui.
Basta con questi pensieri…il
rimedio è qui, in questo mare di soldi.
Faccio su un po’ di banconote di tutti i tagli - qualche
migliaio di euro - e le metto nella borsetta.
Mi vesto, mi trucco con cura ed esco. Mi dirigo decisa verso
il negozio di abbigliamento più caro ed esclusivo della città. Entrando ho
l’impressione che la commessa mi guardi sorpresa. E’ altissima e strizzata in
un bellissimo tailleur rosa. Ascolto i consigli di cui mi degna la tipa. Mi mostra tanti abiti morbidissimi
bellissimi….e io vorrei scappare. Non posso. Misuro i capi suggeriti
dall’indossatrice, e mi guardo tristemente allo specchio, che sembra dire: che
cavolo ci fai tu dentro quel capolavoro, come ci sei entrata? Deposito tutti
gli abiti provati sul bancone… - Scusi, non mi ci vedo. – L’espressione ora
perfida della commessa esprime chiaramente il suo pensiero: - Non hai neanche i
soldi per comprarti un paio di calze qui… - Volo via veloce, e per consolarmi
mi infilo nel negozio amico. Che ha abiti da 40 euro, che mi stanno molto
meglio di quegli altri e mi sorridono amichevoli e sgargianti dallo specchio; e
trovo qui commesse con qualche chilo di troppo che non mi fanno sentire troppo fuori
posto. Esco con un bellissimo abito
intero con una fantasia in verde e nero, che mi sta a pennello. Cammino leggera
per il corso ma… ho speso solo 40 euro? Ho bisogno di rubare 500.000 euro dalla
banca per comprare un vestito che ne costa 40? L’avrei poturo comprare comunque...
Ecco un’agenzia viaggi. Guardiamo
le proposte: città del nord, mari esotici. Avendo tanti soldi, bisogna fare
viaggi. Essendo soli, bisogna fare viaggi. Tutti mi dicono, da sempre: pensa a
divertirti, fai un bel viaggio.
So bene che non farò un bel viaggio. Perché non voglio
lasciare solo Rust2011, e non mi fido ad affidarlo ad altri. Rust mi ha tenuto
compagnia negli ultimi tredici anni di vita da zitella, e non lo baratterò
giammai con un viaggio alle Mauritius. I soldi non mi fanno dimenticare i miei principi.
Giusto, non dimentichiamo i valori…Sono fedele ai miei
valori di solidarietà, di carità cristiana…Ecco cosa farò dei soldi: li porterò
in chiesa, da don Beppe; vado di sera quando non mi vede nessuno e stipo per
bene le banconote nelle cassette delle elemosine, sperando che ci stiano tutte.
Certo non lascio i borsoni con la refurtiva a terra, magari qualcuno se li porta via.
Però, mi sa che non è poi una grande idea: porto al parroco i soldi rubati? Non sarà
peccato? Ma rubati a una banca, che sarà mai…. Bisogna anche dire che faccio
beneficienza con soldi di cui non so proprio cosa fare: non mi privo di niente:
non mi pare bello. Poi c’è una complicazione: che diranno a don Beppe quando porterà in banca tutti
quei soldi, due giorni dopo la rapina? I
preti sono soggetti a controlli e segnalazione sul possesso di contanti come
tutti gli altri? Mi vedo già don Beppe in questura…Non posso fargli questo.
La situazione è complicata. Ho
tanti soldi, ma non mi servono. Volendo metterli da parte per eventuali future
esigenze, non saprei come fare. Darei nell’occhio portandoli in qualsiasi
banca. Tenerli a casa non è prudente, ci sono i ladri. Nono resta che portarli indietro.
Eccomi qui che ammucchio di nuovo il bottino nelle borse, e
mi rimetto in marcia. Sono le due di notte della domenica. Cappello, sciarpone, cappottone,
irriconoscibile….
-
Salve, Anna, porta la spazzatura a quest’ora?
-
Sa, l’insonnia – solito vicino impiccione.
Eccomi di nuovo in banca.
-
Trun.
-
Ok Gattomio. Lo sapevi. Non potevo farcela.
-
Trtun trun trun…
-
Lasciami in pace, ho la testa piena di pensieri…
-
Trun trun trun.
-
Gattomio che c’è? Sono venuti a prelevare? Hai già la
pancia vuota?
-
Trun
-
Ci penso io tranquillo. – e comincio a estrarre dalle
buste il bottino e a sistemarlo nei cassetti.
-
Trun. Trun trun. Uffff.
-
Ma certo, non sono mica scema! Ve li metto in ordine i
soldi! Pensavi li buttassi dentro così tutti mescolati…. Sei come i colleghi
anziani, sempre pronti a brontolare. Certo, anziano lo sei, tredici anni per un
gatto sono una bella età …
Comincio a dividere le
banconote, rimescolate in occasione della nuotata, disponendole in pacchetti
ordinati tenuti insieme da elastici. Mentre le sistemo e predispongo una
quadratura, faccio mentalmente ordine nel mio personale bilancio mensile. I conti
sarebbero quadrati perfettamente, se son fosse che avevo comprato, nell’euforia
della momentanea ricchezza, un vestito, una maglia, un paio di orecchini di
bigiotteria e un profumo, complessivamente centotrenta euro. Poi avevo lasciato
nella cassetta di don Beppe cinquanta euro, per scusarmi del disagio che era
pronto a procurargli, e per chiedere perdono del pensiero peccaminoso. Avevo
mandato anche cinquanta euro a emergency, vergognandomi di aver programmato la
beneficienza unicamente per liberarmi della refurtiva. Quindi il mio conto dovrebbe
essere in rosso di duecentotrenta euro, e devono ancor passare il mutuo e sky
prima dell’arrivo dello stipendio. Avessi almeno estinto il mutuo…
-
Mrrrrrr
-
Ma no, non è niente, non sono triste. Hai ragione tu, Priscilla,
fossero tutti qui i problemi.
-
Ecco fatto. Finito. Che dite, tutto bene?
-
Mrrrrr
-
Trun.
Ok, ora chiudo e vado a dormire. Non pensavo fosse così
stancante rapinare una banca.
-
Ciao Priscilla – accompagno il saluto con una carezza.
-
ciao Gattomio,
mi raccomando fai il bravo. Che il lunedì mattina arriva come sempre il
professore….
-
Trun trun…
A casa mi addormento di sasso. Sogno un cofanetto di
velluto blu. Aprendolo con delicatezza vedo una raffinatissima collana di perle
– perle vere -. Con cura la sollevo. Voglio metterla al collo della maestra Ines, ma mentre
sollevo il filo, questo si spezza, e le perle cadono sul pavimento di linoleum della scuola , rotolando via in ogni
direzione. La maestra Ines mi guarda accigliata e depone sul foglio protocollo
il primo e ultimo due della mia carriera scolastica. E io annuisco triste e
rassegnata.
E mi sembra di aver capito tutto.
Nessun commento:
Posta un commento