venerdì 16 marzo 2012

Lo specchio


                       
Tutte le mattine si guardava allo specchio, preparandosi per andare al lavoro. Giusto uno sguardo distratto, non era vanitosa. Si lavava il viso, controllava le sopracciglia, l’avanzare dei peli superflui, l’eventuale affiorare di un nuovo brufolo.  Davvero non era vanitosa, ma temeva di essere considerata sciatta. Al di là dell’ispezione di routine non faceva molto: quando crescevano cinque minuti un po’ di trucco: un velo di fondo tinta e un niente di rossetto. Così ogni giorno. Ma una mattina successe qualcosa di inaspettato. Lo specchio non le ritornò la solita immagine, il viso pallido annoiato, palpebre pesanti di sonno e segni di lenzuola spiegazzate sulle guance…
Una ruga. C’era una ruga. Una ruga all’angolo sinistro della bocca. Quella ruga non c’era il giorno prima.  Eppure il viso era lo stesso di sempre. Naturalmente pallido, di forma allungata, occhi orientaleggianti dallo sguardo intenso ed espressivo, bocca carnosa, neanche un brutto viso poi, così, senza trucco.
La ruga: davvero, c’era. Anzi, osservando con più attenzione, si trattava di due rughe ai lati delle labbra. Non imbruttivano il viso, ma lo rendevano più serio, quasi austero; in qualche modo davano un’espressione più dura e fredda, che sostituiva l’abituale gentilezza. Ma forse erano rughe di espressione. Si avvicinò sino a pochi centimetri dallo specchio e guardò meglio. Non erano rughe di espressione. Erano rughe. E basta. Cercò di fare l’indifferente, scrollò le spalle. Non voleva dimostrare a se stessa di dare importanza ai segni del tempo. Voleva essere superiore. Non cercava mai complimenti, non doveva piacere a nessuno, e si bastava da sola, per com’era. Da sempre, non solo ora.
Eppure, contro la sua volontà, la mente sarebbe tornata spesso a quell’immagine allo specchio, distogliendo i suoi pensieri dalle attività quotidiane. La sera successiva, appena rientrata, per prima cosa andrò a specchiarsi. La ruga era ancora lì.
Nei giorni successivi diventò un pensiero sempre più presente. Al lavoro a metà mattina andava in bagno a controllare, nella pausa pranzo di nuovo…Non si era mai specchiata tanto. La ruga c’era, anche se stranamente meno evidente che nello specchio di casa.
Non si preoccupava solo di quella ruga. Controllava la pelle delle braccia, segnata da una ragnatela sottile che le sembrava appena percettibile qualche giorno fa’, e che ora invece era così evidente, una specie di squamatura… e le mani? A parte le pieghe della pelle, le nocche si facevano più grosse…
Ma quei segni del tempo non la urtavano tanto quanto la ruga allo specchio. Ogni giorno più profonda. La osservava con particolare attenzione al mattino e alla sera. Continuava ad osservare e la preoccupazione cresceva. Non era una bambina, era abituata a vedersi trasformare, ma in modo graduale. Quale meccanismo diabolico era sopravvenuto negli ultimi giorni, provocando un decadimento così innaturalmente rapido?
Lo specchio diventò in breve la sua ossessione. La bocca, fino a poche settimane prima sempre disposta al sorriso e al riso, presentò un giorno improvvisamente un’espressione  diversa, con gli angoli rivolti tristemente all’ingiù. E la pelle ai lati della bocca, ai lati delle pieghe incriminate, non era più tesa, dava l’impressione di pendere anch’essa penosamente verso il basso. Gli occhi non erano più orientaleggianti e all’insù, le palpebre scendevano. Sorrideva, con il sorriso impostato ad arte per far sollevare i muscoli del viso: le rughe si attenuavano un attimo, per riprendere il proprio posto nella maschera seria e preoccupata della sua vecchiaia. Ogni volta che si affacciava in bagno si aspettava un piccolo ma irreversibile cambiamento. E l’invecchiamento che era stata sino ad allora disposta ad accettare come un percorso naturale, fatto di maturazione e nuove consapevolezze, ora significava solo imbruttimento; di più,  allontanamento da sé. Cominciò a vedersi sgradevole e a non riconoscersi più. Viveva nel terrore di nuove rapide mostruose mutazioni. L’ossessione avvelenava le sue giornate e disturbava i suoi sogni.
Ciò che la stupiva maggiormente era l’inspiegabile indifferenza dei familiari, amici e colleghi. Lei, con giri di parole, cercava a volte di strappare commenti sul proprio invecchiamento, ricevendo i complimenti di rito: “Non si direbbe certo che hai più di cinquant’anni, ne dimostri almeno dieci di meno…”. Lei era sempre più perplessa. Non cercava adulazioni, ma al contrario testimonianze coerenti con quanto osservava sul suo viso. Non capiva la cecità di queste persone, ma non le importava di ciò. La tortura dello specchio la aspettava comunque lì, nel bagno di casa, ogni mattina e ogni sera.
Cominciò a pensare che fosse tutta colpa dello specchio, che questo contenesse qualche oscuro potere. D’altronde quante fiabe e leggende contenevano specchi malefici…Decise di mantenere il segreto sulla propria intuizione, per paura di incorrere nel ridicolo. La spiegazione che si era data non era ragionevole, ma quel che le stava succedendo lo era ancora meno…
Così una sera ebbe un’intuizione, pratica e ingenua: staccò lo specchio dai due gancetti che lo sostenevano e lo appoggiò a terra, nell’ingresso, coprendolo con un telo. L’avrebbe portato via il giorno dopo. Si sentì immediatamente sollevata. Andò a dormire serena, per la prima volta. E si svegliò altrettanto leggera e rilassata. Si affacciò in bagno senza la solita apprensione e…
Non era possibile, lo specchio era di nuovo lì! E le rughe sulle guance più profonde.
Andò al lavoro, e il pensiero la tormentò tutto il giorno. Non si  chiese come lo specchio fosse tornato al suo posto, convinta com’era ormai della presenza una qualche  magia.
Ma non si diede per vinta. La sera tentò di nuovo di eliminarlo. Lo prese e lo portò giù in strada, abbandonandolo vicino al bidone della spazzatura, ben nascosto sul retro, in mezzo a detriti che non avevano trovato posto nei cassoni.  Tornò a casa risollevata; sentiva di aver fatto il possibile.
Il mattino si alzò prima del solito, e si avvicinò in punta di piedi alla porta del bagno aprì piano – anche se non c’erano pericoli di fuga - Ritrovò l’oggetto al suo posto, sopra il lavabo. Trovò pure un nuovo solco sulla fronte, più profondo dei precedenti. Pensò per un attimo ad una vendetta dello specchio.
Il suo stato d’animo cambiava altrettanto rapidamente che la sua immagine. Passava dalla tristezza all’ansia via via che il suo viso si deformava, dalla  insofferenza alla rabbia man mano maturavano i progetti di eliminazione dello specchio. Ma la tensione aumentava, non si arrendeva. La sua mente lavorava sempre. Cercava una via.
Lasciando perdere la soluzione fallimentare della spazzatura, pensò a come distruggere l’oggetto: l’avrebbe volentieri fatto a pezzi ma rinunciò subito: non voleva avere a che fare con schegge taglienti, che già la tradizione voleva maledette…e quello specchio di poteri malefici ne aveva già da vendere di suo.
Decise di regalarlo: era d’altronde un oggetto di qualche pregio: aveva una cornice di legno argentato, con foglie e roselline intagliate sul bordo. Dopo lunghe riflessioni, la scelta cadde sulla signora che veniva a fare le pulizie da lei due volte la settimana. La cosa funzionò, la donna era contenta, grata del dono. Finalmente era fatta. Attese tuttavia la mattina successiva per cantare vittoria: si affacciò in bagno un po’ scettica e …lo specchio non c’era più. Aveva funzionato.
Quel giorno si vestì un po’ più elegante del solito, mise una gonna un po’ corta che le stava bene, si truccò anche un po’…quel che riuscì a fare senza specchio.
Da allora non si specchiò più e, se solo passava vicino a uno specchio, abbassava lo sguardo. E le persone che le stavano intorno le restituivano un’immagine di sé gradevole. Sapeva che vedevano in lei la stessa di sempre. Invecchiava senza pensieri.
Lo specchio non ritornò.
Successe tuttavia ancora qualcosa di misterioso. La signora delle pulizie sparì dopo un mese. Questo contrariò Sara, che riteneva si sarebbe assicurata in virtù del dono la disponibilità e la fedeltà della dipendente. Si lamentò dell’accaduto con le amiche, dimostrandosi però superiore: la domestica le era sembrata così affaticata, quasi malata negli ultimi tempi.
E proprio oggi, giorno del suo compleanno, Sara pensa alla storia inquietante dello specchio e alla sparizione della donna. Scrollando le spalle si infila l’abito nero corto. E’ la sua festa, gli amici stanno per arrivare.      

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