venerdì 16 marzo 2012

L'angelo


-          Cazzo, un angelo…
Lei era lì, immobile, a bocca  aperta….
Erano le otto di mattina del 25 dicembre. Era ai giardini in fondo al viale, vestita con le prime cose che le erano venute per le mani, quando Luna le aveva fatto capire che era ora. Spuntava il pigiama da sotto i jeans, e il cappuccio del giaccone tirato su lasciava intravedere la faccia non ancora lavata, stropicciata e assonnata.  E Luna era lì, seduta a fianco a lei, e la guardava, cercando di capire perché si era arrestata così di colpo, e perché tanto spavento.
Un angelo… sì, proprio un angelo.  Una figura elegante e delicata coricata sulla panchina.
Per lei non era strano vedere qualcuno addormentato lì, di solito ci trovava il barbone. Tutte le mattine lo cercava con gli occhi da lontano, e quando non c’era rimuginava su dove potesse essere andato - alla caritas o in stazione, magari allontanato dagli scherzi dei ragazzi -, o su cosa potesse essergli successo. Lo vedeva quasi tutti i giorni ma non lo conosceva, se ne stava sempre lì nascosto da stracci e cartoni.
Il lettore starà scrollando la testa, pensando: - non è possibile, non sarà stato un angelo; come fa questa a riconoscerlo, che ne saprà mai di angeli?
-          No no, non sono mica scema, un angelo lo so riconoscere eccome, anche se in verità non ci credo, o meglio… non ci credevo. Quello era un angelo come quelli delle chiese e dei libri per bambini.  
Tornando alla descrizione, dinnanzi alla ragazza c’era una figura elegante, magra. Media statura. Un lungo abito di seta bianca, di un bianco abbacinante, leggermente spiegazzato. Riccioli biondi appena un po’ scomposti. Viso pallido, diafano, di un ragazzo (o ragazza) di 14 o 15 anni. Non vedeva gli occhi - che avrebbe poi scoperto essere azzurri  - perché le palpebre erano chiuse.    E che cos’era quella specie di  trapuntina bianca  che spuntava da dietro le spalle? No, non era una copertina. Nooooo,  era veramente troppo…
Si girò verso Luna; questa era assolutamente indifferente alla cosa:  non cercava di avvicinarsi al tipo lì (all’angelo), come se non lo avesse visto. Annusava inquieta tutto intorno, e alcune piume bianche la fecero starnutire. C’era un odore che non riconosceva, e andava avanti e indietro per individuarlo. Lo sentiva anche lei: sembrava vaniglia, no, borotalco. Odore di angelo.
Si voltò e guardò in giro - qualcuno avrebbe ben portato il cane al parco anche se era la mattina di natale - ma non vide nessuno con cui condividere i suoi dubbi.
Niente dubbi. Un angelo. Quello era un angelo.
Si tirò giù il cappuccio del giaccone, cominciava a sudare:
-          La pastiglia per dormire? Lo spumante del brindisi di ieri sera? Mi sembrava un po’ forte. Oddio…

Per fortuna successe qualcosa: l’angelo cominciò a respirare più profondamente, aprì le palpebre, portò le mani al viso per stropicciarsi gli occhi, proprio come un uomo, e... sbadigliò. Si mise a sedere, rassettò la veste sgualcita e diede una spolverata alle piume con le mani, come per darsi un tono.  Cosa  sorprendente, alzò gli occhi e la guardò. Le sorrise.
-          Buongiorno.
-          Ciao Paola, ciao Luna.
-          Questa è la panchina del barbone, che ci fai qui?
-          Scusa, sono un po’ confuso. Fammi raccogliere le idee. Sì, il barbone... è il mio uomo, cioè io sono il suo angelo.
-          Sei il suo angelo?
-          Sì certo.
-          Ah, capito. Il suo angelo. E che fai qui?
-          Ora ti spiego. Ieri sera lui era qui, pronto a mettersi a dormire - giornali già sistemati - dopo una cena migliore del solito, a base di avanzi provenienti dalla rosticceria ( glieli avevano regalati perchè ci sarebbero stati  due giorni di chiusura). Aveva bevuto abbondantemente, e questo era una novità. Aveva del buon vino, non il solito tavernello ma vino in bottiglia. E la tentazione per me è stata forte. Ho voluto assaggiarne un po’. Non sapevo che gusto avesse: sai, in tanti secoli non ne ho bevuto neppure un goccio.
-          e ti sei ubriacato. Capita.
-          Così mi sono addormentato qui. Lo so bene, non avrei dovuto. Non avrei dovuto perdere il controllo, non avrei dovuto farmi vedere…  Anzi, mi raccomando, la cosa resti tra noi.
Il suo sguardo si allungò oltre la spalla di lei.  Lei si girò ma  non vide nessuno.
-          E soprattutto… lui, lui dov’è?
-          Lui chi?
-          Il mio Uomo… Se ne va in giro senza di me. E’ in pericolo!
-          Posso aiutarti a cercarlo. Sarà davanti alla chiesa, lo vedo spesso lì al mattino. Tra poco inizia la  messa di natale. Ci sarà tanta gente, entrate extra.
-          Lo so, lo so. A quest’ora starà frugando nel cassonetto degli indumenti usati. La mattina di natale non si fa... Meglio mi sbrighi.
-          Ti accompagno.

Si avviarono lentamente lungo il vialetto, affiancati, la donna con il suo cane e l’angelo, come amici di sempre. Strana coppia. Incrociarono la signora col barboncino bianco, che salutò gioviale come ogni mattina, senza dar segno di notare alcunchè di insolito.
-          Posso chiederti?
-          Se sono maschio o femmina? - E scrollando la testa: - angelo.
-          Già, angelo. E tutti hanno un angelo? Anch’io?
L’angelo sorrise.
Ora erano sul viale. Non passavano macchine, nessuno a piedi. Incontrarono solo il panettiere, che stava sistemando le luci di natale davanti al negozio. Abituato a non dormire, al mattino serviva di solito in negozio  per sollevare la signora che intanto rassettava casa. Anche a natale non aveva sonno. Non sapendo che fare, aveva pensato agli addobbi da mettere su. Salutò e diede due coccole a Luna, che reclamava il suo grissino quotidiano davanti alla saracinesca chiusa.
-          Perché io ti vedo e gli altri no?
-          Normalmente gli uomini non ci vedono. Poi ci sono particolari condizioni, come la temperatura e l’umidità,  momenti particolari - oggi non è un giorno qualunque - , persone particolari, e nello stato d’animo giusto… dimenticavo, l’alcol.
-          Ma io non credo agli angeli.
-          Appunto. 
-          Ma cosa fanno gli angeli? Tu  che cosa fai?
-          Proteggo il mio uomo. Lo aiuto.
-          E cosa vuol dire che le cose vanno male, quando vanno male? Il tuo Uomo ad esempio non se la passa così bene…
Sospirò:
-          Ci sono uomini che non si lasciano aiutare. Vedi il mio caso: il mio è un Uomo difficile. Ma non è un cattivo uomo. Aveva una vita regolare, una famiglia, era persino ricco… poi         ha combinato dei pasticci, il lavoro gli è andato male, è rimasto solo.
-          E cosa fai per lui?
-          Non riesco a fare molto. Ma sono sempre con lui.
Abbassò gli occhi:
-          Quasi sempre.
-          Ma non riesco a immaginare la vostra presenza: perchè a volte serve un angelo e non ci sei? Anzi non ci siete?
Un velo di melanconia annebbiò lo sguardo dell’angelo:
-          Come siete ingenui, voi uomini, fate tutto facile, bianco o nero. A volte le cose non sono quel che sembrano, a volte il male non è male, e il bene non è bene. A volte una cosa brutta  prepara la strada alla felicità, o qualcosa di simile. Comunque non possiamo risolvere tutti i problemi e far sparire il dolore. Vorrebbe dire che gli uomini non sono più uomini;  avreste vite e mondi in cui non vi riconoscereste. E ancora, la felicità esiste se confrontata all’infelicità… ma questa non è materia mia, sono un angelo, mica un filosofo… Poi ci sono tante cose che facciamo per voi, per aiutarvi, e  neanche ve ne accorgete: un incidente scampato (pensa a quanto lavoro hai dato tu al tuo angelo: almeno ti mettessi la cintura quando guidi…), una guarigione improvvisa, un amico ritrovato, un nuovo nato, tutte le piccole e grandi cose che cambiano la vita in meglio.
-          Sempre merito vostro?
-          Con un po’ di impegno da parte vostra. Tornando a te, ricordi quella volta che hai trovato Luna?.
-          Luna? Veramente non l’ho trovata, sono andata a prenderla io al canile. Che angelo e angelo… - E lui sorrise.
-          Certo, a volte ci cercate e abbiamo un momento di distrazione (come è capitato a  me ieri sera), a volte vi distraete voi. Ricordo quella volta dei mondiali (non ci interessiamo di calcio, ma sai, i mondiali...) che disastro…
-          Scusa se ti interrompo, sono arrivata. Ecco il mio portone.

Si salutarono con un cenno della mano, come vecchi amici, lei e l’angelo. Questi proseguì verso la chiesa. Lei girò la chiave nella serratura; lasciò aperto un attimo mentre seguiva con gli occhi la figura bianca e luminosa, fino a vederla scomparire nella nebbia.
Si fece da parte per far passare Luna; mentre richiudeva la porta sentì un fruscio lieve. 


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